IL NOME: Breno (Bré): proveniente probabilmente dalla voce celtica "Brig" (= monte, anche se questa ipotesi è in parte rifiutata daalcuni glottologi), oppure da "Brennos" (derivante a sua volta dal precedente "Brig") che potrebbe essere un cognome celtico. Toponomasticamente, alcuni studiosi affermano che potrebbe discendere anche da "Briù" che indicava in epoca pre-romana una serie di pali legati tra loro e sistemati in un luogo di passaggio di fiumi o burroni, come sostegno ad un ponte o ad una passerella su un corso d'acqua. Secondo altri potrebbe anche indicare un manufatto di tronchi e fascine saldamente intrecciati, piantati per terra e formanti un recinto, una sorta di rustica e semplice palizzata o una barriera artificiale difensiva, d'origine gallica. LA STORIA: Come in numerosi altri siti della Valle Camonica dove sorge attualmente parte del vecchio centro storico di Breno sono state rinvenute delle antichissime incisioni rupestri. Queste sono state scoperte, studiate e rilevate nelle località Case Brusate e Lavarino. Si presume dunque, anche a causa della conformazione geologica della Valle Camonica in quel punto, che fin dall'antichità il luogo fosse non solo frequentato, ma anche abitato, dagli antichi Camuni, forse appartenenti al ceppo Ligure, poiché la loro presenza è attestata da questi ritrovamenti che sono risalenti all'età Paleolitica. Questi antichissimi insediamenti sono comprovati anche da alcuni significativi reperti come delle tombe ad inumazione, contornate da corredi ceramici e di bronzo dell'età Golasecca, ma sono anche presenti asce ed alcuni oggetti databili all'Età del Bronzo (dunque ben antecedenti all'età del ferro). Breno dovette restare comunque un piccolo borgo o un semplice gruppo di edifici rurali, forse con recinti e palizzate, fino all'epoca romana. La presenza dei Romani è accreditata da alcune epigrafi ma specialmente dalle recenti e importantissime scoperte di una vasta zona in cui sorgeva anche un grande tempio dedicato alla dea romana Minerva, in località Spinera. Fino al primo medio evo questa zona della Valle Camonica, pur essendo punto obbligato di transito, non dovette rivestire particolare importanza commerciale o strategica anche se sulla collina dominante il borgo doveva essere presente un castelliere o un punto di osservazione e sorveglianza. Furono i Longobardi prima e i Franchi poi a concentrare in questo luogo, il più elevato della zona e posto tra scoscese rupi e il fiume che domina il passaggio obbligato tra la bassa e l'alta Valle Camonica, delle barriere artificiali di notevole rilevanza militare con la costruzione, prima di alcune fortificazioni (muraglioni e terrapieni) e poi di un castelliere e infine di un castello. Certamente i nobili Longobardi, appartenenti ad alcune famiglie che si erano stanziate in valle, che non si sono mai "mischiati" completamente con la popolazione locale, vivevano nel castello da dove amministravano il loro possedimenti e tenevano sotto controllo la media valle. In epoca Carolingia Breno, cresciuto di importanza, divenne il capoluogo dell'intera Valle Camonica e incominciarono ad essere operativi, nel grosso borgo ai piedi della rocca, ora composto da grandi edifici e varie abitazioni civili che accoglievano i burocrati e i funzionari, quegli uffici e quegli ambiti giudiziari e amministrativi sovra comunali che prima erano situati, fin dal tempo dei Camuni e dei Romani, nella prima capitale amministrativa della Valle: Cividate Camuno (Civitas Camunorum). Gran parte della Valle Camonica fu, direttamente da Carlo Magno e dai suoi successori, assegnata in beneficio ai monaci francesi del monastero Tours (che ottennero, con varie e successive donazioni, vasti e importanti privilegi in tutta la Valle). Questi religiosi furono anche i fondatori di numerose chiese ed edifici religiosi tra cui a Breno va ricordata la cappella dedicata al loro patrono San Martino e ad Astrio, sulla strada che porta al passo di Crocedomini, quella di San Maurizio. Nei primi documenti ufficiali che citano il paese di Breno e che compaiono negli archivi locali, viene descritto, il 2 ottobre 1157, l'intervento pacificatore del vescovo di Brescia, Raimondo, che cercava di derimere un furioso contrasto che da anni aveva contrapposto la comunità di Breno a quella di Niardo che si contendevano lo sfruttamento e la proprietà di alcuni terreni alluvionali che erano posti sulla riva destra del fiume Oglio e al confine tra i due borghi. La prima famiglia che ottenne privilegi e dispense a Breno, di cui si hanno documentazioni precise, fu quella antica e nobile dei Mettifuoco, con il conte Albertino, discendente dai conti di Arco (in Trentino) che, il 17 aprile 1186, venne infeudata in numerose proprietà e benefici, quando il vescovo di Trento, competente per vasti territori camuni elargì a loro il titolo di vassallaggio. Il 24 agosto 1198, Bellotto e Guizzardo, figli di Ardemanno, della famiglia di origine camuna dei Ronchi furono a loro volta investiti, con del diritto di decime e di altre proprietà a Breno, Bienno, Sonico, Vezza d'Oglio e in latri paesi, dal Vescovo di Brescia, che aveva ottenuto, pochi anni prima, la signoria sulla Valle col titolo di Duca di Valle Camonica. Il fiume Oglio, lungo tutto il suo percorso, è sempre stato, nei secoli, protagonista di tragici straripamenti e di devastazioni dovute a piene improvvise e violente: all'inizio del 1200 un'alluvione catastrofica distrusse completamente tutte le case poste in località Omera tanto che, di questa frazione, se ne persero completamente le tracce. Solo ricerche recenti collocano questa località, ora inesistente, nella zona scoscesa posta sul lato sud-ovest del paese, alle pendici della rupe su cui sorgeva il castello. La devastazione fu tale che numerosi uffici vennero trasferiti a Montecchio (di Darfo) che divenne, per un breve periodo, la capitale amministrativa della Valle Camonica. Il 1200 e i due secoli successivi furono scanditi un poco ovunque (anche in Valle Camonica) da una serie infinite di guerre e scaramucce belliche che ebbero notevoli, ma mai durature, ripercussioni anche politiche sulla storia della Valle, di Breno e del suo importante castello. Nel 1291 in Valle Camonica fu imposta la reggenza di Ottolino da Cortenuova che il Duca di Milano, Maffeo Visconti, aveva nominato suo vicario, con la dichiarata volontà di porre pace duratura tra le fazioni in perenne e sanguinosa contesa. In realtà il Visconti approfittò della sua posizione di giudice e arbitro per espandere il suo dominio personale e favorire nettamente il partito ghibellino (con a capo la famiglia dei Federici) che si opponeva alla parte guelfa (con a capo la famiglia dei Nobili di Lozio) che faceva riferimento alla Curia di Brescia e ai suoi vescovi che a loro volta si opponevano allo straripante potere di Milano e dei suoi signori che volevano appropriarsi delle numerose valli bresciane, bergamasche e della vicina Svizzera. Nel 1312 l'imperatore Enrico VII nominò Vicario di Valle Camonica il famoso Cangrande della Scala, signore di Verona. Pochi anni dopo le valli bresciane ripassarono al Visconti, che con la forza dovette riprendersele dagli Scaligeri che, con lo stesso Cangrande, volevano ampliare la loro signoria a discapito proprio di Milano. I Visconti mantennero la loro presenza (militare e amministrativa) per un certo significativo periodo di tempo, anche se non ininterrottamente e con alterne fortune. La loro Signoria, pur di netto stampo medioevale, raggiunse una certa popolarità anche per la loro politica tesa ad ingraziarsi le maggiori famiglie camune, con benefici, favori e elargizioni anche in denaro. Nonostante queste azioni e regalie, e forse proprio per questi motivi e favoritismi, si acuirono ancor più le tensioni e le lotte fra guelfi e ghibellini della Valle Camonica e molti ma inutili furono i tentativi di pacificazione. Il famoso giuramento al ponte Minerva, posto alle porte sud di Breno, l'ultimo giorno dell'anno (31 dicembre) 1397, vedeva presenti, a testimonianza di buona volontà e desiderio di pace tra tutti i Camuni, i nobili, i notabili, le varie famiglie nobiliari con i loro "garzoni" e i rappresentanti dei comuni di tutta la Valle Camonica. Fu il consesso di pace più importante, più noto e celebrato della lunga storia della valle d'Oglio, ma fu quasi completamente inutile, poiché le scorribande, le lotte, le faide, le vendette e i soprusi continuarono. L'11 luglio 1407 un decreto del Duca di Milano, sancì nuovamente una certa autonomia della Valle Camonica e un presidio di 25 uomini d'arme si intallò in modo permanente nel castello di Breno. Per un breve e transitorio periodo in Valle si estese anche la signoria di Pandolfo Malatesta che, nelle sue azioni belliche, fu appoggiato dalla famiglia brenese Ronchi ma, nel 1419 tutta la Valle Camonica ritornò sotto la signoria dei Visconti. Non passarono molti anni e nel 1427 i Milanesi furono cacciati (una prima volta) dalla valle, dalle truppe della Serenissima repubblica Veneta, giudate dal noto condottiero di manzoniana memoria: il conte di Carmagnola, che occupò tutte le fortificazioni della zona e anche lo stesso castello di Breno. Per la prima volta sventolava sul più importante bastione difensivo della Valle Camonica la bandiera con il leone di San Marco. Di nuovo nel 1438 Pietro Visconti, alla testa di nuove truppe del Ducato di Milano, si rimpossessò di quasi tutta la valle e il castello di Breno, nel frattempo rinforzato con nuove mura, una più numerosa guarnigione e nuovi armamenti, pur isolato, resistette a lungo, per cedere solo dopo un lungo assedio. Dopo due anni, nel 1440, la rocca passò nuovamente di mano e la nuova guarnigione milanese fu sopraffatta, in un nuovo assedio, dalle truppe guidate dal bresciano Pietro Avogadro che era al servizio della Repubblica Veneta ed era imparentato con alcune importanti famiglie camune. Ma non era finita: nel 1453, 13 anni dopo, il castello, nuovamente rinforzato con altre muraglie, ma ricaduto per un breve periodo ancora una volta in mani milanesi, venne preso d'assalto dalle schiere venete che erano state rinforzate da numerose "Cernite" (truppe assoldate nelle nuove terre conquistate da Venezia: in pratica una coscrizione obbligatoria, pur pagata, di tutti gli "homini validi" dai 18 ai 60 anni !) che ricevettero il battesimo del fuoco proprio all'assedio del castello. Questa volta alla guida delle truppe della Serenissima vi era il più famoso condottiero del tempo: il bergamasco Bartolomeo Colleoni, che era stato nominato solo poco tempo prima "Comandante in capo degli eserciti veneti". Il Colleoni era stato insediato al posto del Carmagnola (Francesco Bussone) che era stato decapitato, su ordine del Senato veneto, accusato di tradimento e collusione con il signore di Milano Filippo Maria Visconti, che era anche suo parente, dato che lo stesso conte di Carmaglola aveva sposato Antonia Visconti, nipote del Duca. L'anno dopo (1454), la pace di Lodi tra la Serenissima Repubblica Veneta e il Ducato di Milano, che era divenuto Signoria degli Sforza (i Visconti non avevano eredi maschi), sancì definitivamente il passaggio di tutta la Valle Camonica (e delle altre valli bresciane) sotto Venezia. Dopo gli innumerevoli assedi, le distruzioni totali o parziali e le nuove provvisorie cinte difensive, il castello e le sue mura erano in stato tale da non poter sostenere nuovi assalti e così per rafforzare le strutture esistenti e per restaurare quasi completamente la fortificazione turrita del castello e delle mura, fu inviato, dal Senato di Venezia, l'ingegnere Giacomo da Gavardo. Malgrado la struttura possente e alcune importanti modifiche difensive, all'avanguardia per l'epoca, dopo la temporanea occupazione francese all'inizio del 1500, toccò al brenese Vincenzo Ronchi riconquistare per l'ennesima volta (e ultima) il castello per conto di Venezia. Seguì un lungo periodo caratterizzato da una certa stabilità e da una relativa calma sociale ed economica, che la moderna (per quei tempi) politica di Venezia favoriva. Purtroppo le grandi, lunghe e costosissime guerre che la città lagunare doveva sostenere (quasi completamente da sola) in medio oriente e nei Balcani, contro i Turchi (che giunsero fino alle porte di Vienna, minacciando anche da nord-est la terraferma veneta) per mantenere i propri privilegi commerciali in quella vasta area, portarono ad un notevole aumento delle tasse ma anche (creando posti di lavoro) allo sfruttamento intensivo delle miniere con le numerose fucine e forni fusori e dei boschi con le segherie che divennero l'asse portante dell'economia industriale della Valle Camonica. Breno in quel periodo fu la capitale della Valle Camonica e centro amministrativo e di giustizia: vi risiedevano tutti gi uffici distrettuali ma specialmente aveva sede il "Capitanio di Valle Camonica" che era la massima carica poilitico-amministrativa valligiana che dipendeva direttamente da Brescia e da Venezia. Riportata in numerosi testi dell'epoca, va ricordata la storica visita pastorale in Valle Camonica, con tappe in ogni borgo, di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, che facendo a Breno la sosta più lunga vi soggiornò dal 29 agosto al 2 settembre 1580. Con l'avvento di Napoleone e delle sue truppe di occupazione nel 1797, Breno, mantenendo il primato valligiano, venne nominato (per breve tempo) capoluogo del cantone della Montagna (che comprendeva gran parte della Valle Camonica) e in concorrenza con Lovere, in terra bergamasca, fu in questo periodo, il principale centro commerciale e amministrativo della zona. Fu dopo il ciclone napoleonico che sotto l'Austria prima e con l'unità d'Italia poi, Breno ridivenne (come in epoca Veneziana) importante sede di uffici distrettuali: fu sede di tribunale, di circondario e addirittura di sottoprefettura. Fu il periodo di massima importanza della cittadina che vide aumentare in modo consistente i propri abitanti, anche a causa del notevole afflusso di dipendenti pubblici e burocrati che venivano designati o nominati nelle sedi camune. Vennero edificati o ristrutturati alcuni grandi edifici che furono destinati ad accogliere i vari uffici che trattavano e esplicavano molte delle pratiche burocratiche e giudiziarie che prima dovevano essere svolte o risolte a Brescia o a Bergamo. Nel 1887 fu costruita nel comune di Breno la prima centrale elettrica della Valle Camonica: in Europa era stata preceduta solo da quella di Milano. Durante il ventennio fascista, per ordini centrali, per rendere operativa un'efficiente razionalizzazione amministrativa furono aggregati numerosi piccoli borghi per formare più consistenti centri accorpando molti uffici comunali. Molte volte questo accadde anche senza tenere conto della storia, del passato e delle caratteristiche dei singoli piccoli paesi, e così a Breno vennero aggregati, a partire dal 1927, i paesi confinanti di Niardo, Braone e Losine. Qualche anno dopo la liberazione, nel 1949, tutti questi piccoli borghi riacquistarono la loro autonomia amministrativa. Anche per Breno la piaga dell'emigrazione toccò punte notevoli specie negli anni 1904/1905 quando furono 207 i Brenesi, su una popolazione di 3084 residenti a emigrare, mentre negli anni dal 1946 al 1960 su 5087 residenti furono ben 1682 a trasferirsi altrove, anche all'estero. A partire dagli anni del dopoguerra a Breno furono resi operativi numerosi istituti scolastici superiori (liceo, magistrali, IPSIA) ma dagli anni 90 Breno ha iniziato a subire un lento declino economico a favore di altre cittadine della Valle Camonica, specialmente Darfo Boario Terme, ma rimane centro, oltre che come polo scolastico, anche di numerosi uffici pubblici come: Pretura dal 1999 (sezione staccata di Tribunale), comando Compagnia CC, comando Forestale, sede Comunità Montana, sede BIM (Bacino Imbrifero Montano), Parco dell'Adamello, ASL, ecc. Dal 2008 a Breno è stata inaugurata anche la sede del "Distretto Culturale della Valle Camonica" che nell'edificio delle vecchie scuole medie (degli anni '50) ha allestito una biblioteca, un centro museale e diversi servizi culturali. DA VISITARE: Il Castello (Castel de Brè ): sorge sopra uno spuntone di roccia emergente al centro della valle e a strapiombo sul fiume Oglio e dominante i due versanti opposti della Valle Camonica. In pratica le fortificazioni, nel loro massimo fulgore, erano poste al centro di un imbuto naturale e strategico che, strozzando la Valle Camonica, permettevano il suo totale controllo e servivano per dominare un'ampia zona limitrofa. Sulla cima e sul fianco più ripido della collina (quello a sud-ovest) gli scavi archeologici avviati nel 1980 hanno portato in luce una serie di abitati preistorici sovrapposti. Tra questi i più antichi (Periodo Neolitico) vengono fatti risalire al 4000 a.C. Sempre di questo periodo antichissimo sarebbero alcune tombe, mentre altri resti appartengono all'Età del Rame (3000-2500 a.C.). In uno strato profondo del cortile del castello sono stati trovati alcuni manufatti, ma anche ossa e resti di fuochi che rappresentano, per ora, le più antiche tracce dell'uomo in Valle Camonica e in tutto il nord Italia risalendo alla fine dell'età paleolitica, forse 9000 anni prima di Cristo. L'edificazione del castello, le sue continue modifiche nei secoli, il suo ampliamento, le sue ricostruzioni sembra che abbiano impedito la conservazione e successivo ritrovamento dei resti di un sito dell'Età del Bronzo (1550 a.C.) che doveva essere concomitante con le strutture esistenti. La fine della preistoria è indicata da resti di boccali della seconda età del ferro, appartenenti al popolo dei Camuni, che resistettero a lungo ai Romani, che poi, li associarono come alleati nell'anno 16 a.C. Le mura, che ora si possono in parte osservare, comprendono varie strutture successive proposte nei secoli che vanno dal XII al XVI. Gli elementi più antichi sono le due torri maggiori (in parte diroccate) e le costruzioni ad esse connesse. La torre-porta che vigilava sull'ingresso principale ed alcune parti della vasta cinta muraria sono discretamente conservate (altre in non buone condizioni). L'opera strutturale di questi manufatti si presenta militarmente complessa e ben ordinata e risale nelle sue attuali forme al 1100-1250. Il castello nacque presumibilmente da alcune residenze signorili o case-torri di epoca Longobarda. Queste formavano il primo nucleo, ma ben prima dei Longobardi, sullo stesso luogo, doveva già essere edificata e adibita al culto, una piccola chiesa dedicata a S. Michele. Di questa sono state evidenziate le fondamenta sulla sinistra dell'attuale ingresso. Intorno a quell'antico edificio, nacque un nucleo primitivo di capanne e successivamente di edifici con tetti di paglia e poi con copertura in lastre di pietra o laterizi. Numerosi furono i lavori di aggiustamento, ampliamento e modifica delle murature. Molte furono le tecniche usate da quelle più complicate in tempo di relativa pace, a quelle più frettolose e massicce, ma più efficienti, durante gli assedi o le brevi tregue tra un assalto e un assedio. Sicuramente il periodo più travagliato, guerreggiato e di distruzioni e di ricostruzioni varie e complesse è quello in cui si succedettero le dominazioni viscontee e milanesi dal 1300 al 1400. Molte furono le riparazioni, gli aggiustamenti e le successive modifiche durante gli assedi e le necessarie, magari frettolose e parziali, ricostruzioni urgenti dopo distruzioni di qualche sezione delle mura. I veneziani nel '400 e '500, durante la loro dominazione, consapevoli che il castello e le sue torri e mura erano un importante riferimento per il controllo dell'intera Valle, lo rafforzarono notevolmente. Si legge volentieri (per quei fortunati che riescono ad avere una copia dei due volumi originari, comunque ristampati in una bella edizione nel 1977), la descrizione fatta del castello, riferendosi a questo periodo, nel libro "Vavassori e Vavassini Bresciani" che narra di avventure cavalleresche ambientate anche nei castelli di Breno e Plemo (Esine) con protagonista l'eroe Leutelmonte (**). (**) Si legge infatti ne "I VAVASSORI BRESCIANI" di LORENZO ERCOLANI al capitolo XVI: "Un tempo facea parte della provincia bresciana la Valcamonica, paese spartito per lo lungo dall'Oglio e serrato fra due catene di monti che sono una continuazione dell'Alpi Rezie. La valle è lunga miglia cinquanta contando dal monte Velo che è nella montagna del Tonale. L'ampiezza sua è di circa sei miglia, e più e meno a seconda che i monti che la fiancheggiano o s'avvicinano o divergono. Sino ai tempi di Carlo Magno tenne il nome dal fiume che l'attraversa e si chiamò Ogliola, poscia si volle denominarla con quello dei popoli che primi l'abitarono, cioè i Camuni, e si disse Camonica. Fu della Valle costantemente capoluogo Breno grossa terra situata in sulla sinistra sponda dell'Oglio e al piede di un monte che s'innalza acuto e le sovrasta con una cima pietrosa. Veggonsi lassù gli avanzi di un castello e due torri alle quali la tradizione serbò i nomi di Guelfa e Ghibellina. Il forte, di forma triangolare e colle due torri negli angoli, sorgeva sulla vetta pietrosa del monte: il lato anteriore guardava sopra un'angusta spianata che dava alito all'unica porta del castello, difesa da un ponte levatoi e da una profonda fossa che non proteggeva il castello se non da questo unico lato, perché gli altri due, piantati rasente il ciglione del monte, ne aveano a difesa tutta la profondità. Sulla porta stava una torricciuola rotonda, larga e bassa, dalla quale dominavasi e il monte e il piano soggetto. Superata la volta massiccia della porta, si riesciva sotto un portico di arcate basse e sostenute da pilastri rotondi, grossi quasi quanto alti. Il porticato non corrispondeva al di dentro se non a quel lato in che aprivasi la porta del castello, dietro il lungo del quale erano parecchie stanze terrene, che pigliavano luce da alcune finestrelle lunghe e strettissime aperte nel muro di cinta. Innanzi al portico stava una corticella, che seguiva necessariamente la forma triangolare del castello; ma nel fondo era mozzata, perché il fabbricato dei due lati non vi si univa ad angolo, sì che assumeva la figura di un quadrilatero. A sinistra era l'abitazione del castellano; una cucina ampissima, una stanza contigua senza luce donde passavasi in un'altra che metteva in un orticello. L'abitazione del castellano avea pur anche un piano superiore, al quale salivasi per una scaletta di pietra che sorgeva dalla cucina; ma le stanze erano tanto basse che appena vi si poteva stare in piedi; servivano a riporvi le provvisioni in tempo di guerra. Nel terzo lato, che rimaneva a destra dell'entrata, era l'arsenale. Riesciva il castello fortissimo e per la robustezza delle mura e pel luogo eminente in che era piantato, non salendovisi se non da una parte e per una piccola strada, o, diremo meglio, per una scala intagliata nella pietra del monte. Non vi era adito a venirvi d'altra parte se non arrampicandosi su pei burroni e movendo attraverso il folto delle querce che coprivano tutto il monte sino a due terzi della sua altezza. Era una rocca che avea voce d'inespugnabile e che avea tenuto fronte ad alcuni generali di Carlo Magno, quando Brescia tolse a provare al vincitore di Desiderio che di così facile vittoria egli non sarebbe andato lieto, se in Italia fossero state più di una Brescia. Sebbene da quei giorni in poi nel castello di Breno più non fossero stati fatti d'armi, la città vi manteneva un piccolo presidio e un castellano che si avea quella carica a titolo di beneficio, giacchè non era ad altro obbligo legato se non a quello di vivere lassù." Con l'evoluzione delle armi da fuoco e delle tecniche di guerra e di conquista, venne sempre meno l'importanza strategica della rocca, tanto che la stessa fu venduta, nel 1598, al comune di Breno. Si deve alla volontà di don Romolo Putelli, noto e accreditato studioso e storico locale, la creazione del piccolo, ma significativo Museo Civico Camuno, presso il municipio, al centro della cittadina. Tra le opere d'arte in esso conservate degne di segnalazione diverse opere lignee ma anche un Crocifisso del Romanino e un salterio miniato. Il tempio di Minerva: l'adorazione a Minerva, la dea romana delle acque e guaritrice dai mali fisici, ebbe in Valle Camonica una vasta diffusione (anche per l'abbondanza di sorgenti sparse un poco ovunque sul territorio), tanto che numerose sono le testimonianze di templi a lei dedicati, ma solo nel 1985, a Breno, in località Spinera, sono stati ritrovati, con scavi che sono tuttora in corso, delle tracce di un grande tempio. E' un complesso che ricalca le caratteristiche di templi similari: una vasta cella centrale che aveva il pavimento ricoperto da pregevoli mosaici a figure geometriche e le pareti adornate con alcuni affreschi. Un'ampia gradinata degradava verso una serie di stanze più piccole collegate da un corridoio che dava sulla parte anteriore del tempio racchiusa tra colonne. Alcune gradinate degradanti fanno da collegamento a delle terrazze. Ma la scoperta storicamente più rilevante, per gli studiosi di storia locale, è il ritrovamento dei resti inequivocabili di un piccolo manufatto simile ad un porticciolo, segno evidente che il fiume Oglio era navigabile e navigato fino almeno a Breno ed era una delle principali vie di collegamento e di trasporto merci fino, ma anche contemporaneamente, alla realizzazione della via Valeriana che percorreva tutta la Valle Camonica. Questa importante arteria viaria, modernissima per quei tempi, era stata progettata per scopi militari, come tutte le grandi strade romane, ed era localizzata a mezza costa sulle montagne, poiché il fondo valle era acquitrinoso e impraticabile a piedi, fino alle vaste bonifiche messe in atto, nel medio evo, dai monaci di Tours. Alcuni rilevamenti sui resti del tempio fanno pensare che lo stesso fu cancellato dalla grande alluvione del 1200 che rase al suolo anche tutte le case vicine e distrusse completamente l'insediamento abitativo in località Spinera e Onera, tanto che quest'ultima località fu definitivamente abbandonata. Numerosi sono gli edifici civili di una certa rilevanza che costellano il centro storico del paese, immagine di un passato di notevole importanza politica e amministrativa, specialmente a partire dal medio evo, dopo il trasferimento di importanti uffici e delegazioni da Cividate Camuno a Breno e dalla costruzione e fortificazione del castello. Da segnalare le torri medievali che sorgono in via Mazzini, recentemente ristrutturate e recuperate. Casa Albertoni è del 1400 e costeggia via Garibaldi: mostra una piccola loggia ad archi. Villa De Michelis fu edificata nel 1500 ed è posta in una posizione dominante il vecchio borgo, sulla strada che sale a Bienno in località Cambrante: al suo interno, in una vasta sala, sono conservati degli affreschi ereditati dal convento che sorgeva precedentemente nello stesso luogo. Bella e massiccia la struttura di villa Ronchi adibita ora a palazzo Municipale e recentemente ammodernata. Della chiesa di San Michele rimangono solo alcune fondamenta che dovrebbero risalire a ben prima dell'anno Mille. Di chiara origine longobarda (accertata dal ritrovamento di una dedica a San Michele), alcune parti ancora visibili della facciata sono state successivamente inglobate in un muro edificato in un'epoca successiva. Inizialmente, questo tempio, doveva essere un edificio relativamente piccolo nato come una cappella di forme squadrate, con un solo ampio vano interno, al quale poi fu aggregata una seconda cappella funeraria in cui sono state ritrovate cinque tombe. Questa parte dell'edificio, chiaramente posteriore alla prima edificazione fu aggiunta sul lato nord. Tutte le altre strutture preesistenti, subirono in epoca successiva numerose altre trasformazioni fino alla elaborazione di un edificio ecclesiale caratterizzato da due navate parallele, ciascuna con una costruzione semicircolare, che a loro volta dovevano essere corredate da dei campanili di cui si rilevavano alcune strutture a volta. La chiesa fu demolita verso la fine del 1500. La Parrocchiale di San Salvatore : è considerata uno degli edifici più imponenti in stile barocco di tutta la Valle Camonica. Risalente al 1600, è caratterizzata, sulla facciata principale da un ampio portale, sul lato sud-ovest troneggia il maestoso campanilealto 65 m, richiamante lo stesso stile elaborato e imponente. Lo stesso campanile è visibile, con scorci estremamente suggestivi, da tutto il borgo medioevale e domina la parte centrale del paese, ma si può anche osservare da lontano dal paese, in diversi punti panoramici della Valle Camonica. L'interno del tempio si può giustamente paragonate ad un museo data l'importanza dei capolavori in esso contenuti: numerose e grandi tele e pregevoli dipinti sono attribuiti al Guadagnini, al Bassano, al Carpinoni, a Beniamino Simoni e al Leoni. L'altare maggiore è opera del Baroncini e di Antonio Callegari. Un affresco di scuola bresciana, datato 1594, ed è posto nella casa parrocchiale, a fianco dell'edificio principale. La Chiesa di Sant'Antonio: risale al 1300 ed ha l'interno in un'unica navata: la sua architettura è classico esempio gotico a pianta irregolare. La volta è divisa in due parti a crocera portate da arcate a tutto sesto. L'affresco più importante è quello attribuito al Romanino ed è dipinto sulle pareti del presbiterio. Altri affreschi degni di segnalazione sono degli ex-voto che risalirebbero al 1400, mentre è sicuramente posteriore la pala d'altare, che riproduce la Vergine in trono con santi, di Callisto Piazza. Chiesa di San Valentino: era, nella sua edificazione come la vediamo ai nostri giorni, antecedente di almeno un secolo alla più nota e già parrocchiale chiesa di San Maurizio, ed è riconoscibile dal suo portico rinascimentale. Venne edificata nel 1400 accorpando un edificio preesistente databile all'anno mille che a sua volta sorgeva sulle macerie di un tempio ben più antico e dedicato al dio Sole (una delle divinità più adorate nell'epoca pre-romana e pre-cristiana in Valle Camonica). L'ultima importante ristrutturazione è datata 1520 e proprio a quella data sono fatti risalire gli affreschi più significativi attribuiti al Maestro di Nave, mentre altri affreschi sono antecedenti (1484) e sono riferibili alla bottega del da Cemmo (Apostoli, Evangelisti, Dottori della Chiesa e Santi). Chiesa di San Maurizio: fu a lungo la Parrocchiale di Breno, venne edificata nel 1500 sui ruderi di un più antico edificio. Fu, più volte, modificata anche sostanzialmente ma riesce ancora a conservare in parte le sue linee originali. A fianco sorge, oltre ad un bel campanile, anche una cappelletta dedicata ai defunti ed in entrambi gli edifici sono visibili degli affreschi attribuiti al Gallina. Negli anni '90 ha subito alcuni importanti e significativi interventi, specie interni, che ne hanno esaltato la pregevole fattura artristica della volta e delle pareti. Chiesa di Santa Maria al Ponte: anche in questa località doveva, già in tempi pre-romani, sorgere un tempio pagano dedicato alla dea Minerva e sulle cui rovine, o a fianco delle stesse, fu innalzata la chiesa che domina l'antico ponte. Di bella e possente struttura a fianco del portale è visibile la data del 1545, data a cui si possono far risalire gli affreschi interni. Di circa un secolo dopo vi sono anche dei dipinti e una pala del Bona rappresentante la Natività della Vergine. Chiesa di San Carlo: èè un piccolo edificio edificato nel 1600 e conserva un dipinto del Fiamminghino, che riporta uno scorcio di paesaggio di Breno, in quel secolo, forse in memoria della visita pastorale di Carlo Borromeo. A Palma il Giovane, o alla sua scuola, è invece attribuito un Cristo Benedicente. Nelle frazioni: le parrocchiali di Pescarzo e Astrio: i due edifici furono edificati entrambi nel 1600: a Pescarzo in stile barocco con la dedicazione a San Giovanni Battista e ad Astrio con alcune soluzioni architettoniche, non consuete, con dedica patronale ai Santi Vito, Modesto e Crescenzo. LOCALITA' COMUNALI E FRAZIONI : (Molte delle località di seguito riportate forse non sono più presenti nella memoria delle nuove generazioni o nelle carte, o nei contratti notarili o nei testi contemporanei. Alcune risalgono, nella loro identificazione, a molti secoli addietro, altre hanno mantenuto intatto la loro localizzazione e il loro nome passando di proprietà in proprietà, altre ancora, anche ai nostri giorni, sono presenti in carte catastali, in contratti di compra vendita o semplicemente nella parlata di tutti i giorni). Astrio (Astri o Astre) m.794: piccolo borgo e frazione del comune di Breno, che sorge sulla strada che porta al passo di Crocedomini, il suo nome deriverebbe dalla voce latina "astrum" (focolare) o forse dalle voci dialettali "astreh" o "lastrec" (lastrico o lastricato). Arendolo (Arèndol) :a m.320 di quota, a oriente di Breno sotto il dosso Argài, era un fondo conosciuto e amministrato fin dal tempo della occupazione romana. Argai (Argoe) : m.790, dosso a Nord Est del paese, da "Arga" voce longobarda che significherebbe "inerte" o "inutile". Aèrt m.1350: è uno spiazzo sui monti sopra Breno con un dosso a Sud Est e dunque rivolto verso la massima insolazione: per questo motivo deriverebbe la sua denominazione dialettale dall'aggettivo "aèrt" (aperto). Bacchetta (Bachèta; Baghèta) m.2549, è la cima più alta del monte Concarena, posto sulla destra della Val Camonica tra i comuni di Breno e Capo di Ponte, probabilmente da "bachèta" = bacchetta, piccolo bastone di nocciolo. Bazena (Basèna) : località montana a quota 1.760 slm e comprende, fin dall'antichità, alcune malghe e un laghetto (a m. 2.097), sul versante destro della Val delle Valli, tributaria del torrente Grigna, da cui anche il nome della valle che, passando da Bienno, Berzo ed Esine si getta nell'Oglio. Bazena deriverebbe da "bàsgia" o "basia" (grande scodella). Toponomasticamente si fa dunque riferimento a un luogo molto simile ad una conca o scodella e questa è la conformazione del terreno, nei pressi dell'antico e ormai prosciugato laghetto. Questa località, fin da tempi antichi, era anche adibita ad alpeggio estivo. Bellacara (Belacara) località a m. 900, a sud est di Breno sopra la frazione di Pescarzo. "Belacara" sembra che abbia una antica e strana etimologia poichè sarebbe una voce antica, forse di epoca medioevale, per indicare quanto il taverniere richiedeva oltre il prezzo fissato per il vitto e il vino... insomma una specie di mancia. In loco dunque, in antichità, forse, sorgeva una taverna o un rifugio per il passaggio sulla strada che sale poi al passo Crocedomini. Bianca ( Bianca) a m. 400: località a sud ovest di Breno identificata dal cognome Bianchi, diffuso in zona fin dall'alto medioevo. Bilione (Bilù) a m. 290: sito posto presso la riva sinistra dell'Oglio, a sud ovest del paese, prima della confluenza del torrente Lanico in territorio comunale di Malegno. Deriverebbe probabilmente da Biloni cognome di alcune famiglie residenti nella zona. Boccola (Bòcola) probabilmente da "bòca" (bocca, antica caverna o buco nel terreno), oggi scomparso, ma che ha lasciato il nome alla località posta nella valletta Morina, (Bòcola di Val Morina). Bordegas (Bordegàs) m. 1150, a nord di Breno sopra una propaggine della Concarena. Presente in loco, fin dal medio evo, una cascina che è sull'orlo di una area dolce che precipita poi in un bosco in ripida pendenza da cui "gash" = bosco e "bord" = orlo (Bord-gash). Altri studiosi lo farebbero derivare dalla voce germanica (ancora in uso nel dialetto locale camuno) "bordegà" = insudiciare, sporcare e anche dal vocabolo composto "bor-de-gash" = sporcasi, questo potrebbe essere forse un nomignolo dato ai proprietari. Broli (Bròi) m. 390, a sud est di Breno. "Bròi" è plurale di "Bròl" (brolo, frutteto artificiale recintato e delimitato da confini), è comunque anche un cognome diffuso in tutta la zona prealpina. Moltissime sono le località che nel bresciano e nel bergamasco prendono questo nome. Cadino (Cadì) a m 2.421: con questo toponimo sono identificate una località e un monte a sud della cima del Ferone e a Nord del passo di Crocedomini, da "catinus" (cavità naturale per raccogliere acqua), dalla conformazione del terreno a forma di grande catino. Caiò (Caiò) m. 645: sito a sud est di Breno in un pianoro sotto il dosso del Cerreto, al confine con il comune di Bienno, toponomasticamente potrebbe essere il diminutivo di Callius oppure da "collis" (collina, dosso). Calameto (Colamèt) Calameto (Colamèt) n.290: a nord di Breno sulla sponda destra dell'Oglio, a confine con Losine, deriverebbe dal nome "calamus"(canna o pianta fluviale che doveva essere abbastanza diffusa in questa zona pianegginate e sulle sponde del fiume). Cereto (Sherèt)a m. 475 era segnata su alcune mappe militari del 1750 una località con una antica cascina poco a Sud di Breno alle pendici dell'omonima montagna sulla cui sommità era posta un'antichissima ara pagana. Cereto (Sherèt) è uno dei rilievi montuosi più panoramici di tutta la valle Camonica dato che dalla cima di questo monte, che non supera gli 800 metri di quota, si domina tutta la bassa Valle fino al Sebino e la media Valle fino oltre Cedegolo. Convento (Convènt) m.300: a sud ovest di Breno, nome simbolico indicante un luogo non più segnato però su alcuna carta (da noi consultata) e perciò di difficile identificazione e collocazione toponomastica, resta però nella parrlata di alcuni abitanti locali. Corna (Còrna) m.300-400 bassa collina posta fra Breno e Losine, da "còren" (corno o rupe) nome diffusissimo su tutte le Alpi e Prealpi. Costone (Costù) m. 2.415, località montana a sud est di Breno tra le valli Bona e di Stabio. Dassa-e (Dasha-e) ) m. 400: località indicata a est di Breno all'inizio della Val Morina, da "das" o "dàsha" (ramo verde di abete), nome diffuso anche in molti altri comuni della Valle Camonica (Borno, Sonico ecc). Camonica. Degna (Dègna): a sud est di Breno comprensiva delle località "cà de Dègna" (m. 948) e Fontanoni (m. 1.100), forse il nome deriverebbe dal nome romano di persona Dignius. Ora in questo sito montano sono sorte diverse case e villette, raggiungibili in pochi minuti sulla strada che conduce al passo di Crodedomini. Croce Domini (La Crùsh)a m. 1.895: passo che congiunge fin dall'antichità la Val Caffaro e la Valle Camonica. La voce "domini" è derivante da "dominus", indica, in volgare, un segno di confine posto al limite della giurisdizione di un signore feudale. Il passo è indicato su molte carte stradali europee come degno di essere percorso (nel periodo estivo) ed è per questo motivo che è molto transitato (quando è aperto) da motociclisti del centro e nord Europa che lo reputano uno dei più belli e suggestivi del continente. Di rilevante la bellissima strada (una delle poche strade "bianche" dell'arco alpino) di costa che porta dal passo Croce Domini al passo Maniva, con una splendida vista su parte della bassa Valle Camonica: chiusa nel periodo invernale e primaverile e aperta solo in estate e fino alle prime nevicate dell'autunno, anche se non asfaltata e troppe volte mal curata è frequentatissima da escursionisti e motociclisti. Foppe (Fòpe) m. 650: località a nord ovest del paese. Foppo (Fòp) appezzamento di terreno alluvionale posto a nord est di Breno, presso la riva sinistra dell'Oglio. Frasene (Fràshen) m.796: a sud ovest di Astrio. E' probabile derivi da "fràshen" (frassino, pianta diffusa nella zona fin dall'antichità). Gera-e (Géra-e) località montana a m.2.037 con delle vecchie malghe poste a m. 1895 e a m. 1.710 a sud est di Breno. Lo stesso nome è anche per un'altra località, ma nella zona alluvionale nei pressi dell'Oglio, a m.350 e m.400 a nord est di Breno. Quasi sicuramente derivante da "géra" (ghiaia grossa). Con "gèra" si identificavano, in loco, anche quei piccoli isolotti non permanenti nel greto del fiume Oglio che sono presenti lungo tutto il suo corso, ma in modo particolare da Breno al Lago d'Iseo Guardia (Guardia) rilievo a sud est di Breno chiamato anche Alta Guardia. "Guarda" nel Medioevo stava ad indicare il "servizio di guardia" dei campi, per la salvaguardia dei raccolti, effettuato a rotazione da tutte le famiglie o le comunità che si associavano nella coltivazione di appezzamenti di terreno demaniali o del comune. Lavarino (Laarì) a m.400 e 500: due località su cui sorgevano delle case rurali a nord est di Breno, sul versante sinistro della Valle Camonica. Il nome deriverebbe da "lapathum" (lappola o lappa) un'erba a foglia larga che cresce in luoghi umidi e ben concimati, specialmente nei pressi delle "mède dè la gràsa", cioè i letamai all'aperto, posti poco lontani dalle cascine e dalle malghe. Lezio (Lésh) località a m.780 a sud est di Breno ed a nord del monte del Cerreto: deriva quasi sicuramente dal nome dialettale del leccio "lèsh" (leccio: quercus ilex). Loppolo (O'pol) : valletta segnalata sulle carte antiche più dettagliate e posta a nord ovest di Breno ed a sud est di Losine: deriverebbe da "Opol" (luppolo), pianta selvatica diffusa un poco ovunque. Madonna (Madòna) chiesetta antica, costruita nei pressi del ponte sull'Oglio sotto la rupe su cui sorge il castello di Breno. Malegno (Malègn) monte a sud est di Breno localizzato nella zona di Bazena, deriverebbe da "malì" (sorbo), pianta diffusa sulle pendici dei monti camuni oppure da "Malignus" una qualità di vite, oppure dalla voce prelatina "mal" (monte), ma anche da "malignus" (poco fertile). Con Malegno è identificato anche il paese e il comune a sud, poco distante e confinante con Breno, che ha le stesse etimologie. Malpensata (Malpenshàda) m.290, a nord est di Breno. Il nome "Malpensata" ricorre numerose volte in Valle Camonica lungo tutto il corso del fiume Oglio. Manerbio (Manèrbe) a sud di Breno nei pressi del fiume Oglio, probabilmente dall'aggettivo "Minervius" (di Minerva), dea romana molto venerata in Valle Camonica, specialmente lungo le sponde del fiume Oglio (da ricordare i ritrovamenti di statue dedicate alla dea e i numerosi e ancora in parte da scoprire e valorizzare resti di epoca romana a Cividate Camuno e nella stessa Breno). Marone (Marù) m. 900: a nord ovest di Breno sul versante destro della Valle Camonica (ora al confine del comune di Losine). Potrebbe derivare da "marra" (voce gallica) (acquitrino), ma più facilmente dovrebbe derivare da "marone" o "marù" pianta della famiglia del castano che assunse notevole diffusione e anche grande rilevanza nell'economia locale fino all'inizio del XX secolo. Mezzaro (Mesàr) a m. 375: località e piccolo borgo a sud est di Breno ed a nord ovest da Cividate Camuno, al confine tra i due paesi, sul fianco destro della Valle Camonica: prenderebbe il suo nome da "mesàder" o "mezà" (mezzadro, contadino, allevatore o agricoltore che conduceva fondi o alpeggi e stalle altrui con contratto a mezzadria con il 50% al proprietario e 50% al mezzadro). Moia - e (Mòia - e) a m. 1.981: una località montana Moia di Cadino (Mòia del Cadì) è identificata già su carte militari del 1650, a sud est di Breno sotto il monte Frerone. Montepiano (Montepià) m. 400-500 appezzamento di terreno a nord ovest di Breno posto sulla sponda destra dell'Oglio. Morina (Morì) nei pressi di Pescarzo, da "mora" (aggettivo: di colore bruno scuro), dato anche come soprannome alle vacche capo-mandria, oppure da "morina" (cinciallegra). Nemplas (Emplash) a m. 1.434 a sud est di Breno ed a sud ovest del monte Alta Guardia, potrebbe derivare dal detto "en èmplàs" (nel luogo). Piana (Piana) a m.700: piccola zona pianeggiante a sud est di Breno, fra le frazioni di Pescarzo e di Astrio. Plagne (Plagne) m.750: a nord est della frazione di Pescarzo di Breno, nome diffuso un poco ovunque sulle montagne Camune per identificare luogo piano fra i monti, dal latino "plania". Porcile - i (Porshìl; Porshìi) m.1.328 luogo a est di Breno e a sud di Niardo: la località è montana e non si capisce dunque il perchè di questo nome dato che in quota non venivano allevati porci, forse dal soprannome di qualche proprietario. Rucche - co (Ruche; Ruch) m.450 ad est di Breno, plurale femminile di "ruch" (ronco o roccolo). Oppure da "ruca" o "ruga" (strada), nome diffuso in molti luoghi montani che erano attraversati da strade interpoderali e da quelle vallette artificiali destinate alla discesa dei tronchi d'albero tagliati a quote maggiori. Sambùco (Shambùch)m.1.747 e m.1.521: monte e località sud est di Breno ed a sud di Niardo, da "shambùch" (sambucus nigra), pianta diffusa in zona. San Maurizio (Maurizio) m.385 antico sacello con cimitero a sud est di Breno (vedi: da visitare). San Valentino (Shàn Valentì) m.400, piccolo e antico altare localizzato a SE di Breno. Santella (Shantèla) m.876: a sud est di Astrio, "santela" è nome diffusissimo in Valle Camonica che identifica un luogo in cui di solito sorgevano queste piccole cappelle votive, poste a lato di strade o sentieri, erette in memoria di episodi di storia o credenze locali o di qualche voto. Spinera (Spinera) località posta tra Breno e Lanico sulla sinistra dell'Oglio. Dal latino "spinetum" che indicherebbe luogo invaso dalle spine o circondato da siepi di spine o di rovi. Terre Fredde (Tère Frède) località montana a m. 2.662 posta ad est di Breno. Valle (Val; A'l), piccola valle a sud est di Breno, che scende dalla piccola piana su cui è edificato Astrio. Zucca (Shòca) a m.340: a nord est di Breno prende il suo nome da "shòca" (zucca): forse dalla coltivazione dela nota cucurbitacea o, fors'anche da "sùca o sòca" inteso come uomo dalla testa "dura". . |