I NOMI : Darfo (Darf) - Darvo (s.XI) - Darvi (s.XII) - Darfum (s. XIII): deriva dal tedesco "Dorf" (villaggio), oppure dalla antica voce romana "ad arvum" (al campo), o dalla voce mediterranea "arbe" della toponomastica fluviale alpina, oppure dall'antico dialetto "garf" (terreno ghiaioso). Boario (Boér) (Casino Boario): da "Forum Boarium" (Bovario - Bovarius: sinonimi di stalla di buoi) indicante l'esistenza di un antico mercato del bestiame. Pellalepre (Pelalégor): dal celtico "bally" (casa su pali) e da "legor" (fossa piena d'acqua), oppure da "pelaloco" e "légor" (lepre). Sul territorio sono presenti alcuni cognomi che hanno la radice "pela" come soprannome. Gorzone (Gorsù) - Gorzonis (s.XI) - Corzonum e Gorzollus (s.XIII): deriva "gurgus" (canale), oppure da "gortium" che era uno sbarramento artificiale su un fiume per effettuare la pesca con reti. Sciano (Scià): deriva dal tedesco "see" (lago o laghetto), oppure dal nome o più probabilmente dall'aggettivo gentilizio "Silus o Sillius" presente in sei lapidi latine ritrovate in altri siti del territorio bresciano. Erbanno (Erbàn) - Herbannus (s.XIII) - Derbano: l'Herebannum era quella particolare sanzione amministrativa (una multa o balzello) che era assegnata per lavori che i vassalli dovevano versare al signore e "herebannus" era chi riscattava (o pagava) tale multa: e verrebbe da "her" (signore) e "banh" (luogo bandito) per indicare un sito o delle proprietà riservate ad un signore. Angone (Angù) - Angono (s.XV) - Dangone (s.XV): dal tedesco "gau" (contadini) o dal nome personale germanico "Annico". Potrebbe topononasticamnete anche essere una denominazione generica per torrione, baluardo, o piccolo castello di difesa (in base ad un'antica iscrizione camuna). Bessimo (Bèshem) m.210: sulla destra del fiume Oglio, al confine con la provincia di Bergamo e il comune di Rogno, molto probabilmente deriverebbe da un nome personale ligure. Bessimo è diviso in due frazioni: Bessimo Inferiore e Bessimo Superiore. Fucine (Fùsine; Fùdine) m.336, da "fùsina" voce dialettale camuna che indicava una fucina per la lavorazione di materiali ferrosi. Capo di Lago (Cò de Lach) a m.677, è un piccolo agglomerato di case situato all'estremità orientale del lago Moro. Montecchio (Montèc), " Montegio" (sec. XIII) m.224, fu uno dei borghi principali e più importanti dell'intera Valle Camonica durante il medio evo, specie per il controllo del ponte sul fiume Oglio e il castello che controllava la zona, ma venne, nel 1471, completamente spazzato via da un'enorme frana. Prende il nome da "monticolus" (monticello), nome anche della collinetta sopra il borgo a fianco delle scoscese rive dell'Oglio. Corna (Còrna) m. 222, sulla sponda destra del fiume Oglio, deriva da "corna", femminile di "còren" (corno, rupe), per la sua posizione sotto una scoscesa parete rocciosa. LA STORIA: Nelle località Crape e Luine, ora parco naturale ben attrezzato per visite e gite, poco a nord-ovest dell'abitato di Boario, sono state rinvenute delle belle e significative incisioni rupestri datate all'età Eneolitica (2200-1800 a. C.) raffiguranti scene di pesca e alcune palafitte, oltre a incisioni in caratteri nord-etruschi. Dopo la loro riscoperta e segnalazione negli anni '80, l'inquinamento, l'incuria e anche alcuni atti vandalici hanno danneggiato in parte e resi poco visibili i leggeri graffiti, ma la locale amministrazione ha inteso procedere ad una campagna di salvaguardia di queste incisioni e tutta la zona è stata segnalata, recintata, pulita dagli sterpi e maggiormente sorvegliata e tende ad acquistare un notevole interesse turistico e di studio. In tempi remoti il fondovalle pianeggiante della bassa Valle Camonica, solcato dal fiume Oglio, doveva essere completamente ricoperto da paludi e terreni acquitrinosi e ghiaiosi tanto che i Romani, quando giunsero nella zona, nell'anno 16 a.C., tracciarono la loro principale strada militare (Via Valeriana) a mezza costa, sui ripidi fianchi della montagna e sui terreni che costeggiavano gli abitati di Gianico e Montecchio. Il lago d'Iseo, fino ad epoca post-romana doveva spingersi ben più a nord dell'attuale bacino e forse lambiva anche l'abitato di Montecchio. Il fiume Oglio doveva essere ben navigabile fino al tardo medio evo, poiché per molti secoli lo stesso Montecchio fu anche un porto di una certa importanza (esiste tuttora una piazza del porto). Montecchio era certamente un borgo di buona importanza, tanto che sembra, già all'inzio del Medio Evo, fosse il primo tra i centri abitati della valle ad avere molte delle sue case con tetto ricoperto di lastre di pietra o di cocci e non di paglia o al più di tavole di legno. L'importanza di Montecchio in epoca medioevale è testimoniata anche dalla presenza di una possente rocca, certamente costruita su un preesistente castelliere d'epoca pre-romana. Da questo castello, eretto sulla collina del Monticolo, si dominava anche il passaggio sul quello che era più trafficato ponte della Valle Camonica, sul quale, oltre a subire controlli, si doveva pagare pedaggio. Questo importante manufatto fu teatro di aspre e sanguinose contese per molti secoli. I monaci del convento francese di Tours prima e i Benedettini di Brescia poi operarono vaste e diffuse bonifiche e ciò favorì gli insediamenti abitativi anche nella piana alluvionale, prima inabitabile, che comunque era sempre minacciata dalle piene dell'Oglio. Nel periodo di dominazione longobarda Montecchio e Darfo erano già centri di notevole rilevanza economica: questo è attestato anche dai ritrovamenti di tombe (scoperte anche molto di recente) nelle zone del Municipio e della chiesetta di San Martino ad Erbanno. L'importanza della zona crebbe anche e specialmente per la sua posizione geograficamente strategica rispetto ai commerci con la vicina Val di Scalve (una delle valli delle Orobie famose per l'antichissima estrazione e lavorazione del ferro e per il legname) ed il Sebino (lago d'Iseo e provincie di Bergamo e Brescia). I regnanti Longobardi elargirono, dopo il 600, vaste donazioni di terre al monastero bresciano di San Salvatore, ma, dopo la conquista franca, lo stesso Carlo Magno, nel 774 (con conferme imperiali dei suoi successori) fece donazione totale di tutta Valle Camonica ai monaci francesi di Tours. Questi, a Pelalepre, intitolarono a San Defendente una chiesa. Pelalepre è certamente la frazione più antica tra i numerosi agglomerati abitati che composero poi il comune di Darfo Boario Terme. Anche il monastero benedettino di Marmoutier riscuoteva tributi feudali, decime e tasse sulle produzioni, specialmente ferrose, dagli abitanti della Val di Scalve che avevano obbligo di portare i loro prodotti proprio alla Corte di Darfo: questo lo si apprende da un Regio decreto datato 1047, in cui l'imperatore Enrico III elesse Darfo a Corte Regia. Subito nacque (come era uso) un fiorente mercato che sembra fosse posto, come già detto prima, nei pressi del ponte in legno che a Montecchio scavalcava l'Oglio. Alla Corte Regia Darfense gli abitanti della Val di Scalve dovevano versare ogni anno mille lire di ferro. Fu imposto anche un pedaggio per attraversare il ponte e questo fece sì che nascesse anche una zona fortificata e successivamente (come già scritto) un castello che divenne, per il suo possesso, centro di contese. Documenti riportano i numerosi e talvolta cruenti passaggi di proprietà di questa possente rocca: nel sec. X fu proprietà (con infeudamento imperiale) di Rogerio da Bariano, per passer poi, nel sec. XI, alla famiglia dei Federici (di fede ghibellina e forse il loro nome deriverebbe proprio da Federico Barbarossa che li infeudò in alcuni possedimenti, primi tra i quali a Erbanno). Il castello passò in seguito alla Curia di Brescia, che ebbe come alleati, in diverse contese, contro gli stessi Federici, i darfensi. Fu ancora Enrico III, con un altro decreto regio, a cedere la Corte darfense ai monaci bresciani di San Faustino, che subito vi eressero una cappella. La famiglia Federici aveva intanto acquistato potere e contro i loro ricorrenti soprusi, gli abitanti della zona, tentarono a più riprese di costituirsi in comune. Un primo riconoscimento a queste pretese, venne dallo stesso dall'imperatore Federico Barbarossa, con un diploma del 1164. Una pergamena del 1200, data in cui si fa risalire la fondazione ufficiale del comune rurale, ricorda questo accordo stipulato nella chiesa di Santa Maria in Ronco. In essa venivano assegnate agli abitanti di Darfo due isole a monte della collina del Monticolo ed un terzo isolotto ai Federici ed ai Brusati (le due famiglie più potenti della zona). Ma le lotte continuarono e qualche anno dopo i Darfensi tolsero con la forza ai signori il castello di Montecchio. Al tempo dell'imperatore Federico Barbarossa, Montecchio doveva contare ben 6.000 abitanti, il borgo più popoloso e importante dell'intera Valle Camonica: erano ben sette le chiese e sembra che, (come già accennato pirma) all'arrivo del nipote del Barbarossa, Federico II, le case del paese fossero quasi tutte coperte di tegole di coccio o lastre di ardesia e non di paglia, sintomo questo, a quell'epoca, di notevole prosperità e ricchezza. Nel 1248 giunse a Montecchio Egidio da Bagnolo inviato da Brescia e, l'anno dopo, nel 1249, occupò e prese possesso della rocac, come rappresentante della città. Contemporaneamente furono concesse, da Brescia, ai Darfensi, esenzioni fiscali e si stabilirono in paese alcuni "uffici amministrativi, erariali, politici e militari" per controllare anche eventuali rigurgiti ghibellini dei feudatari. Montecchio fu sede del governo della bassa Valle Camonica, almeno fino al 1300, quando i Visconti riordinarono completamente l'assetto amministrativo valligiano. Dal castello di Montecchio partì una spedizione dei Federici che fece strage tra i guelfi di Iseo. In seguito a questo grave fatto di sangue, nel 1288, il vescovo di Brescia bandì dalle loro terre i Federici di Darfo, Gorzone ed Erbanno (che comunque continuarono ad viverci e agire indisturbati e impuniti). Ci fu, pochi anni dopo, un intervento pacificatore (interessato) di Matteo Visconti (1291), che inviò a Montecchio un suo rappresentante, col titolo di podestà di Valle. Questa nomina era chiaramente la prima mossa in vista della conquista dell'intera Valle Camonica che, di fatto, avvenne nel 1337. I Visconti, appena stabilite alcune loro guarnigioni in valle, favorirono i ghibellini locali (capeggiati dai soliti Federici) permettendo, anzi aizzando la persecuzione dei guelfi che facevano riferimento alla Curia vescovile bresciana. In questa violenta e sanguinosissima lotta rientrò la feroce spedizione, tra cui primeggiava Giovanni Federici di Erbanno, che il giorno di Natale del 1410 assaltò a Villa di Lozio il possente castello e le fortificazioni della potente e anrica famiglia Nobili, trucidando tutti coloro che avevano fatto, nella riparata e isolata valletta di Lozio, un covo guelfo (filo Curia bresciana) e un rifugio ritenuto inespugnabile. Molte sono le "bòte" (storie o leggende) che sono nate intorno a quella strage e a quella tragica notte, ma di fatto con la distruzione della famiglia Nobili i Guelfi in Valle Camonica persero ogni rifugio e ogni punto di riferimento e potere. Nel 1428 gli uomini del famoso Conte di Carmagnola conquistarono per Venezia il castello di Montecchio in cui stabilirono una numerosa guarnigione. Come primo intervento politico la Serenissima abolì quasi tutti gli ancestrali privilegi feudali che erano ancora presenti in molte contrade della terraferma appena strappata al Ducato di Milano. In un primo tempo fu anche raggiunta un'intesa con i nobilotti locali, elargendo dispense e benefici, ma queste azioni non riuscirono ad evitarne una ribellione guidata dai soliti Federici che nel 1431 si erano, per l'ennesima volta, alleati ai Milanesi che stavano ritentando la riconquista della valle. Le forze della Serenissima intervennero e, questa campagna militare in Valle Camonica, si concluse con la piena disfatta (anche politica) delle truppe Sforzesche (era subentrato lo Sforza nel titolo di Duca di Milano portato dai Visconti la cui famiglia, per ramo maschile, si era estinta). Travolti in questa sconfitta furono anche i Federici e la Repubblica ordinò subito lo smantellamento e la totale distruzione del castello sul Monticolo (1455). Da allora sul Monticolo restarono a testimonianza dell'antico maniero, solo piccole tracce di quello che doveva essere stato uno delle rocche fortificate più importanti di tutta la Valle Camonica assieme ai castelli di Breno, Cimbergo, Plemo di Esine, Lozio ed Edolo. Solo 16 anni dopo (nel 1471) Montecchio fu distrutto da un'enorme frana che cancellò in pratica tutta la cittadina. Fu una catastrofe immane da cui il popoloso e ricco borgo non riuscì più a sollevarsi e a tornare ai fasti di un tempo. L'insediamento abitativo principale della zona divenne perciò la frazione di Darfo che, nel 1495, era divenuta anche sede di municipalità e poté codificare i propri statuti con i "notari" della Repubblica. Risalgono a quei tempi i primi studi sui benefici recati alla salute dalle acque di Boario, alle quali si interessò nel 1500 anche il più grande studioso e medico dell'epoca: Paracelso. In un piccolo "casino", molto simile ai casini di caccia in cui i nobilotti trascorrevano le vacanze, parte in muratura e parte in legno, posto a fianco della via Valeriana che costeggiava il sito, iniziò un primo (artigianale e sporadico) sfruttamento a fini terapeutici di queste acque, che furono anche decantate, nel 1724, in un breve trattato, dal medico Francesco Roncalli Parolin. Il piccolo borgo, non più di tre o quattro case private accanto alle fonti, prese così il nome di "Casino Boario" (denominazione che tenne fino oltre la metà del XX secolo) e iniziarono a giungere, per "passare le acque", numerosi forestieri che trascorrevano i mesi estivi: sorsero così alcune "locande". Nel 1737 fu impiantato a Darfo il primo filatoio di seta della Valle Camonica a cui affluiva buona parte della notevole produzione di bachi da seta: molte famiglie camune avevano intrapreso questa coltivazione per arrotondare i magri bilanci sostenuti specialmente dalla povera agricoltura. In epoca Napoleonica ebbe incremento anche la produzione di armi e la famiglia Laini, proveniente da Angolo, già fornitrice dell'arsenale di Venezia, ottenuti alcuni appalti dai francesi, costruì un forno fusorio che produsse, per un breve periodo, munizioni da mitraglia per l'esercito imperiale ma che, alla caduta di Napoleone, portò al fallimento economico della stessa antica famiglia di impresari metallurgici originari della Val di Scalve. Dopo la cacciata dei francesi, la Valle Camonica, passò sotto la dominazione e l'amministrazione dell'Impero Austro-Ungarico. Furono anni in cui vennero intrapresi numerosi lavori pubblici ma fu anche un periodo piuttosto negativo per tutta la Valle poiché carestie (1817), epidemie ed altre calamità impedirono all'economia locale di decollare. Nel 1834, molti abitanti di Darfo si ribellarono alla vendita di alcuni boschi e pascoli pubblici che avevano potuto fino ad allora liberamente utilizzare e sfruttare (fin dalla concessione imperiale di Enrico III): i pochi gendarmi austriaci dislocati in paese furono disarmati e cacciati. La rivolta, che non aveva nessun fine politico, fu sedata dopo pochi giorni, da due battaglioni di fanteria e da 250 cavalleggeri ussari il cui intervento era stato richiesto dalla gendarmeria provinciale. Durante la prima guerra d'indipendenza (1848) Bortolo Zattini guidò lungo tutta la valle Camonica (impresa non da poco a quei tempi), fino confine con il Trentino al passo al Tonale, un gruppo di volontari camuni, altri seguirono invece Paolo Lanzini Donzelli che si diresse alla volta della bassa valle. Il quella sfortunata (per le armi piemontesi) guerra nelle nostre valli fuorno numerosi i magazzini (dei monopoli) austriaci che furono presi d'assalto e saccheggiati e i poliziotti cacciati. Poi, come era ovvio, dopo la sconfitta dell'esercito piemontese, il ritorno degli austriaci fu caratterizzato da numerose azioni poliziesche e da alcuni arresti e sequestri i case e beni. Si racconta che nel 1852, all'albergo della Posta (principale luogo di sosta della zona e per anni il più importante "albergo" di Darfo), alcuni giovani darfensi, vicini al mondo delle associazioni segrete bresciane, trafugarono da dei carri militari, alcuni voluminosi involti cerati. I grossi sacchi, che contenevano i vari "pezzi smontati" di una forca per impiccagione, furono a lungo cercati anche da alcuni poliziotti e un ispettore capo mandati direttamente da Milano, ma senza esito. Era noto a tutti che sui quei famosi carri viaggiavano, oltre allo strumento di morte, anche il boia di Vienna ed alcuni soldati croati diretti a Milano per giustiziare dei patrioti che erano stati arrestati, dopo la disperata difesa della città. Per compiere l'impresa, che all'epoca fece molto scalpore, la scorta fu ubriacata con vino adulterato. Proprio a causa di quel furto Amatore Sciesa ed altri patrioti, che dovevano essere impiccati, furono invece giustiziati mediante fucilazione. Nel 1859, durante la seconda guerra d'Indipendenza, al comando di Francesco Cuzzetti venne organizzato un corpo di guardie civiche e a Darfo venne attivato un comitato di sicurezza pubblica. Spinti anche dal fuoco rivoluzionario e libertario che spirava forte in quei giorni, si arruolarono numerosi giovani camuni, tra cui diversi darfensi, nei Cacciatori delle Alpi, corpo di volontari guidato da Giuseppe Garibaldi. Ancora prima della liberazione dal dominio austriaco la fama delle acque di Boario era stata vantata anche dagli scritti di Alessandro Manzoni, che ne faceva uso quotidiano fin dal 1845 e si faceva spedire numerose bottiglie. Una relazione datata 1886, del protomedico della luogotenenza austriaca in Milano, Biffi contribuì ulteriormente alla conoscenza delle proprietà terapeutiche di queste acque. L'economia darfense ebbe un rapido sviluppo anche grazie alla costruzione della cosiddetta "via Mala" nel 1862. Quest'ardita opera che attraversava in tutta la sua lunghezza il basso tortuoso corso del torrente Dezzo saliva da Boario e proprio nei pressi del piccolo borgo di Dezzo si ricongiungeva con la millenaria via che scendeva dalla Presolana (per salire poi a Borno) e diveniva la principale via di comunicazione per la Val di Scalve. Nel 1886, sull'Oglio, venne gettato un moderno ponte di ferro che portò al diretto collegamento di Darfo con Boario e Corna senza più passare da Montecchio e dall'antico ponte ad arco costruito nei pressi del Monticolo. Tragico fu il primo dicembre 1923, a causa di gravissimi errori di progettazione e realizzazione, crollò la diga del Gleno, sul fiume Dezzo, in alta Val di Scalve e questo provocò, con una enorme forza d'urto, la distruzione di gran parte di Darfo. Si contarono 500 vittime. In quella tristissima occasione furono presenti in Valle Camonica, unica volta dall'unificazione Italiana, in visita ufficiale il Re Vittorio Emanuele III e le più alte cariche dello stato, che visitarono i luoghi devastati. Nel XX secolo le varie frazioni che ora compongono il comune di Darfo, raggiunsero un'aggregazione amministrativa, e l'economia locale e la popolazione si svilupparono ulteriormente, tanto che il comune è divenuto il centro più importante della Valle Camonica e dal 28 gennaio 1968 ha assunto il nome e il titolo di "Città di Darfo Boario Terme". Mentre Darfo, oltre che sede della municipalità era divenuto un centro importante per l'industria (anche se alcune delle storiche industrie sono fallite o sono state chiuse a causa di sbagliate azioni politiche o economiche incapaci di sostenere la locale produzione) e il terziario, Boario è rimasto agganciato al turismo termale. Note, anche a livello nazionale, sono le sorgenti delle Terme che prendono il nome di Silia, Igea, Antica Fonte e Fausta. Il nome di Boario Terme raggiunse, a cavallo degli anni '60 e '70 una notevole rinomanza che portò questa stazione termale ad essere annoverata tra le principali d'Italia. A fianco del parco delle Terme, negli anni '80, per andare incontro alle esigenze sempre più diversificate e mirate alla salute, era sorto un centro per le varie terapie idropiniche e con fanghi. Poi a partire dal 2000, con acuni passaggi di proprietà e poliche turistiche e di ivestimenti di immagine, sbagliate, si è assistito ad un lento ma inesorabile declino che aveva raggiunto il massimo con la chiusura dello storico Hotel delle Terme e dell'area sanitaria posta nella stessa struttura. Nel 2007 un imprenditore camuno, Sergio Trombini, ha rilevato la proprietà delle Terme e l'anno dopo anche quella dell'Hotel, investendo in lavori di modernizzazione sia delle strutture che del grande parco. Nel 1996, a Boario Terme, è stato inaugurato un moderno Centro Congressi, il cui progetto era stato steso dallo studio Gregotti, il cui scopo principale è quello di essere un punto di riferimento per le iniziative di tutto il comprensorio Camuno Sebino, ma anche centro di promozione turistica per l'intera zona. DA VISITARE: Numerose sono le case patrizie che si trovano, in parte restaurate, in parte completamente rifatte nelle varie frazioni del comune. Questo a testimonianza dell'importanza che nei secoli hanno avuto le varie componenti amministrative locali che poi sono confluite tutte nel comune di Darfo Boario Terme. Per molti secoli il centro più importante fu sicuramente Montecchio, sia per il castello (rocca dei Federici, di cui restano soltanto il basamento di una torre, un sotterraneo a volta ed i presunti imbocchi di due strade sotterranee: su una pietra è incisa la data 1290) sulla collinetta Monticolo, posta al centro della Valle Camonica sia per il Ponte di Montecchio, monumento nazionale. Progettato dal Cifrondi nel 1686, richiama probabilmente l'antico ponte medievale. Fatto di granito, poggia su due scogli delle rive opposte in un'ansa del fiume Oglio ed è stato ristrutturato negli anni '90 del XXI secolo. A Fucine vi è una vecchia casa nobiliare, casa Vitali, sul cui muro perimetrale esterno vi è un affresco attribuito a Pietro da Cemmo. A Erbanno si nota, nella parte centrale del paese, in posizione dominante il Palazzo Federici, con tre portali, su uno dei quali spicca la data 1585. Tra le altre, per dimostrare che la struttura era ben più antica, vi è una finestra appartenente ad una costruzione antecedente, sempre della famiglia Federici ed è databile 1484. Al suo interno troneggia un caminetto rinascimentale di forma poligonale e un soffitto con 36 tavolette di legno dipinte con busti di personaggi maschili e femminili e figure simboliche. Alcuni affreschi del 1400 sono attribuiti alla scuola del da Cemmo. Sempre ad Erbanno fa bella mostra, a contorno del caratteristico centro storico, Casa Ballardini (oggi De Michelis) che si distingue per un leggiadro e snello doppio loggiato. Lo stemma della famiglia Ballardini si nota nella loggia inferiore che è sorretta da capitelli del 1400. Il tutto si appoggia su colonne ornate che confluiscono nel loggiato superiore adorno di una bifora decorata. Famosa e circondata anche da alcune leggende, una stanza con affreschi del 1600 chiamata: "la stanza del vescovo" in cui si racconta che soggiornò anche il cardinale Borromeo nella sua famosa visita pastorale in Valle Camonica. Su portale di Palazzo Barbieri, sempre al centro del borgo vecchio, compare nuovamente lo stemma della famiglia Federici, antica proprietaria: questa abitazione si distingue per un bel loggiato caratterizzato da leggere colonne. Il Castello Federici, a Gorzone , si può notare scendendo lungo la tortuosa strada che porta ad Angolo Terme. Arroccato su una collina posta strategicamente al centro della stretta valle del Dezzo, è privo di torri e mura difensive a causa dei numerosi lavori e modifiche apportati dalla famiglia Federici che per secoli ne fu proprietaria. Edificato intorno al 1160 come torrione abitato dai nobili bergamaschi dell'antichissima famiglia Brusati, dai quali sarebbero poi discesi tutti i numerosi rami della famiglia Federici, ebbe notevole importanza anche militare vista la sua collocazione a difesa delle strette vie d'accesso alla Val di Scalve e alla Valle Camonica. Nel 1288 fu assediato e danneggiato dalle truppe inviate dal comune di Brescia, ma vene ricostruito anche perché la sua importanza strategica divenne solo marginale. Sull'ingresso compaiono un'aquila, gli stemmi dei Federici ma anche quello degli Scaligeri da quando le due famiglie s'imparentarono con un matrimonio. All'interno vi sono alcune belle sale decorate con soffitti a cassettone e caminetti artistici. Nel primo cortile si apre un loggiato, vi è un pozzo, una scala in pietra simona e una porta di forma ogivale. Nel secondo cortile invece sono disposti due loggiati che si contrappongono sui due lati. In una sala è conservata una galleria di ritratti dei Federici. Nel novembre 2009 alcuni delinquenti si sono introdotti nel Castello di Gorzone, a Darfo Boario Terme in Val Camonica (provincia di Brescia), dove hanno asportato due antichi camini. Entrambi i camini erano stati costruiti in modo identico: un'architrave con la data "1495" sorretta da due semi-colonnette in pietra Simona (pietra rossa locale); l'unico dettaglio per cui si distinguevano era la presenza su uno dell'antico stemma della famiglia Federici, sull'altro quello della famiglia Della Scala. Il Castello di Gorzone, già esistente nel XII secolo, fu una delle principali dimore fortificate in Valle Camonica, della famiglia Federici. A partire dal XV secolo, sotto la dominazione veneta, la struttura venne adattata fino a divenire una sontuosa dimora signorile. Abitata dai membri della famiglia Federici fino a metà del XIX secolo, passò successivamente in mano alla famiglia Alberzoni, che nel 1928 operò un profondo restauro della struttura. Chiuso e disabitato nell'ultima parte del XX secolo, dal 2008 l'associazione non-proft L'OntànoVerde si è impegnata a riaprire la struttura e renderla visitabile, anche per merito della disponibilità del dottor Giovanni Citroni. Nel parco, che circonda l'edificio principale vi è una chiesetta dedicata a San Giovanni Battista, cappella privata dei Federici, con affreschi, una Natività del '600 e un paliotto d'altare di Giuseppe Picini. Sempre a Gorzone è ben conservato Palazzo Minini (ex Federici), con due mascheroni ai lati del portale: presenta archi e colonne, ringhiere in ferro battuto. Sono presenti anche i resti di una torre. In una sala da segnalare un soffitto ligneo a tavolette ed antichi affreschi, oltre ad un camino in pietra di Sarnico datato 1520. Era ancora una dimora dei Federici di Gorzone, Palazzo Rizzonelli, in stile cinquecentesco, che fu edificato sul luogo di sepoltura degli appestati del 1575 e del 1630, contiene per questo oltre a degli affreschi anche degli ex voto. A Pellalepre la Chiesa di San Bernardo fu eretta nel luogo in cui sorgeva la più antica chiesa dedicata a San Defendente. Oltre ad affreschi attribuiti a Giuseppe Teosa compaiono tracce di un affresco del 1200 e di un altro affresco del 1400 raffiguranti San Bernardo. Sono presenti dipinti del Foppa tra cui una "Madonna in trono" datata 1498. Dipinti che possono essere datati al 1605 rapresentano "Cristo, la Vergine e San Francesco" e (ad olio) una "Immacolata". La Parrocchiale di Fucine fu costruita nel 1600 e dedicata alla Visitazione. Anche in questo tempio è presente un dipinto dell'Immacolata. Sono dell'800 alcuni affreschi di Giuseppe Teosa. Oltre ad alcuni dipinti del Corbellini sono degne di nota due statue del Ramus ed un paliotto attribuito al Fantoni. La Parrocchiale di Corna è stata affrescata dal Longaretti e contiene un gruppo bronzeo di Timo Bertolotti, una pala del Gasparini e alcune statue di artigiani della Val Gardena. La Chiesetta del Sacro Cuore è a Corna, vicino al ponte che attraversa il torrente Dezzo, e sulla facciata esterna, sopra il portale, è posta una lapide in cui sono elencati i morti del disastro del Gleno: al suo interno c'è un affresco a ricordo di questa immane tragedia che il primo dicembre 1923 fece 500 vittime. A Boario Terme: Tempio Madonna degli Alpini: opera dell'architetto Vittorio Montiglio, fu voluto da Don Guido Turla, cappellano degli Alpini nella campagna di Russia. Il tempio è dedicato alla memoria di tutti i caduti. Venne inaugurato il 28 settembre 1957. Sul frontale troneggia una Madonna in bronzo, coperta di oro zecchino. I portali del santuario sono costituiti da sei battenti di rame sbalzato di Maffeo Ferrari di Ponte di Legno. Sotto il pavimento vi è il sacrario dei caduti e dei dispersi, al centro è posta una scultura in marmo con una figura che abbraccia un soldato morente. Nel 1999 è stato inaugurato lo svettante campanile che era stato progettato dal Montiglio ma che non era mai stato realizzato. Nella piccola frazione di Sciano c'è la Chiesetta della Natività della Vergine. Risale al 1500 ma il suo portale è datato 1722. Degne di nota le statue, in legno laccato, dei santi Rocco e Sebastiano. La Parrocchiale di Angone è dedicata a San Matteo, sono presenti alcune statue in legno, una tela di Antonio Paglia e una "Sant'Anna e Maria Bambina" del 1500. A Capo di Lago, sulla sponda nord del lago Moro, che si affaccia sulla bassa Valle Camonica svetta la Chiesetta di Sant'Apollonia. Un piccolo portico conduce verso un portale seicentesco di arenaria. Risalirebbe al 1600 l'affresco che abbellisce l'esterno. La Chiesa di San Giuseppe nella frazione di Bessimo Superiore conserva alcuni affreschi del 1700 ed una tela di Domenico Nasino. A Darfo: la Parrocchiale dei Santi Faustino e Giovita (parrocchiale vecchia) risale al 1600 e tra le varie opere d'arte in essa contenute ricordiamo una "Pietà" di Palma il Giovane e la "Madonna col Bambino" attribuita ad Andrea Celesti, una "Madonna della Pietà" attribuita al Paglia e un'altra "Madonna col Bambino" di Grazio Colossali. Un "Battesimo di Gesù" è invece attribuito al Corbellini. Sono visibili anche degli affreschi di Pietro Scalvini e Giuseppe Teosa e una pala del Guadagnini. L'altare è del Fantoni o della sua scuola. Negli anni '80 sono stati scoperti degli affreschi del 1500 nella piccola e nascosta Santella del Cappellino, a Darfo. Un Crocifisso ligneo di fine 1600, attribuito a Sante Callegari il Vecchio, è la maggiore opera della Nuova parrocchiale di Santa Maria a Darfo e sempre nella stessa frazione c'è la Chiesetta del monastero del Sacro Cuore che contiene una "Visitazione" attribuita a Sante Cattaneo e un "San Francesco di Sales" del Savanni. La Parrocchiale di Santa Maria Assunta, a Montecchio fu edificata nel 1600 sulle macerie della vecchia sacrestia della antica chiesa parrocchiale precedente che era andata distrutta dall'immane frana che travolse tutto il vecchio borgo nel 1471. Dell'antico edificio religioso, che doveva contenere diverse opere pregevoli, rimane solo una finestra del '400. Sempre a Montecchio è più nota la Chiesa detta "dell'Oratorio": è monumento nazionale e la sua cappella era praticamente il portico d'ingresso dell'antico cimitero. Le arcate furono invece malamente murate ed affrescate in un restauro del 1400. Sulla parete laterale esterna vi sono tracce di un grande affresco raffigurante un "Giudizio Universale" e all'interno, della scuola del Da Cemmo, danneggiata dall'apertura di una finestra si nota una "Crocifissione". Sulla volta invece compaiono dei dipinti di Apostoli, Evangelisti, Diaconi e una Madonna col Bambino. A dimostrare che Erbanno fu importante comune indipendente, vi sono numerosi edifici religiosi di notevole rilevanza come la bella e armoniosa antica Parrocchiale di San Martino. Fu certamente edificata dai benedettini francesi ma, nel 1700, fu ridotta a semplice cappella. Del vecchio edificio sono visibili, a fianco della ex statale e a confine con la diramazione stradale per Erbanno, il recinto dell'ex cimitero e il caratteristico campanile quadrato romanico-lombardo. Questo è distinto da quattro bifore (una per lato) e una leggera copertura a piramide. Il portale che adesso è parte integrata del perimetro esterno è in pietra simona. Una lapide è dedicata ad Abramo Federici a dimostrazione che la chiesa fu anche cappella di famiglia. Su ordine degli stessi Federici fu affrescata nel 1400 da Michelino da Besozzo con figure di Profeti, Pantocrator, Evangelisti, Padri della Chiesa, Annunciazione, Crocifissione, San Michele, San Martino, Vergine in trono, Sant'Anna, San Francesco, Cristo nel sepolcro, San Bernardino e Sant'Antonio abate. Nel 1995 a seguito di alcuni lavori, per il rifacimento del marciapiede sulla ex SS42, che costeggia il muro perimetrale a Est, parizialmente sono stati evidenziati piccole parti del vecchio intonaco esterno. La Parrocchiale di San Rocco conserva un antico quadro raffigurante San Giovanni Battista, oltre a una "Morte di San Giuseppe" e una pala del Barbello. Sono presenti anche numerosi affreschi attribuiti all'Orelli mentre l'organo, di buona fattura, sarebbe opera del Grigolli. La Chiesa di San Gottardo, nel vecchio centro abitato di Erbanno, è datata 1600: sulla facciata troneggia un elegante portale con sopra uno stemma francescano. All'interno vi sono alcuni affreschi recentemente riaffiorati che risalgono a epoche precedenti come si rileva anche dalla struttura del presbiterio. Nella Chiesetta di San Valentino sono visibili alcuni antichi affreschi. Anche la Chiesa di Santa Maria del Restello contiene affreschi del 1530 attribuiti a Callisto Piazza: "Assunzione di Maria", "Decapitazione di San Giovanni" e "Vita di San Giorgio". A Gorzone la Parrocchiale di Sant'Ambrogio fu eretta sul perimetro di una precedente edificio religioso di cui sono ancora visibili un affresco (Maternità), oltre ad una piccola parte di un altro antico affresco del '400 (Madonna in trono che allatta il Bambino). Sul fianco destro è colloccato un portale di epoca rinascimentale in arenaria rossa datato 1514. All'interno vi sono affreschi del Teosa (1806) e vi è conservata una piccola tela di San Bernardino attribuita a Giovanni Chizzoletto e una pala del Guadagnini (Trinità e i Santi Ambrogio ed Agostino). Gli altari in marmo sembra siano stati copiati da modelli di Andrea Fantoni, nel cui stile è considerato un Cristo deposto del 1700. Uno degli altari è invece attribuito al Ramus. Questo tempio alla fine del Cinquecento era ancora adibito a luogo di sepoltura dei Federici di Gorzone (uno dei rami storicamente più importanti) e sul lato prospiciente la strada statale, che sale verso la Val di Scalve è posto il Mausoleo Federici e un'edicola (del 1336) contenente un sarcofago in rossastra pietra simona con un'iscrizione. E' la tomba che fu fatta erigere per ospitare le spoglie di Isonno Federici morto nel 1336 e venne realizzata ad opera dei maestri Betacino di Terzo e Betono di Borno. LOCALITA' COMUNALI E FRAZIONI : (Molte delle località di seguito riportate forse non sono più presenti nella memoria delle nuove generazioni o nelle carte, o nei contratti notarili o nei testi contemporanei. Alcune risalgono, nella loro identificazione, a molti secoli addietro, altre hanno mantenuto intatto la loro localizzazione e il loro nome passando di proprietà in proprietà, altre ancora, anche ai nostri giorni, sono presenti in carte catastali, in contratti di compra vendita o semplicemente nella parlata di tutti i giorni). Barbetti (Barbèc) a m.390 su delle antiche mappe catastali del periodo veneziano era segnata una cascina a nord est di Erbanno, probabilmente il nome deriva dal cognome Barbetti ancora presente in zona. Bedola (Bédola) m.750 a sud est di Darfo a destra ed al principio del torrente Rovinazza, il nome deriverebbe da "bédola" o "béola" (betulla), pianta diffusa in zona. Breno (Bré) spiazzo erboso nei pressi di Erbanno. Budrio (Budrio) valletta a nord ovest di Erbanno che dà il nome anche ad un torrente che giunge, pur quasi totalmente interrato, sino all'Oglio. Camplone (Camlòng) a m.1.300-1.700, dosso a nord ovest di Erbanno, alle pendici del monte Altissimo, il toponimo deriverebbe dalla voce dialettale " cap lòng" (campo lungo). Caprecotte (Cavrecòte) piccolo torrente a nord est di Darfo. Ceregola (Sherégola) a m. 299 su alcune mappe militari di epoca veneta era segnato un ponte a nord della località Costa di Erbanno, ora non è più visibile. Colombino (Colombì - Cùlumbì) a m.1.240, sperone roccioso collocato sopra l'abitato di Darfo all'inizio della Valle dell'Inferno. Corno (Còren, Cùren, Còrno, Còrnu) località a nord est della Sacca (frazione di Esine), nella piana posta a sinistra del fiume Oglio a Darfo. Crap - pa -pe (Cra-pa - pe) m.702 località a sud est di Gorzone, deriverebbe da "crap" (rupe, macigno), oppure da "krapp" (roccia). In questo sito sono state rinvenute molte incisioni rupestri e creato un parco tematico culturale. Dezzo (Dèsh) torrente, tributario di destra dell'Oglio a Darfo, che percorre la Val di Scalve e passa tra Angolo e Mazzunno. Inferno (Inféren) valle ad est di Darfo, tributaria di sinistra dell'Oglio tra Sacca e Plemo. Molini-o (Molì) m.253 ampia zona di terreni posti a sud est di Darfo, forse in antichità su questo sito sorgeva uno de molti mulini che erano presenti sul territorio comunale. Monte Altissimo m.1.704 a nord di Boario e perpendicolarmente sopra l'abitato di Erbanno ed a sud di Borno. Sulla vetta è posto l'arrivo della funivia Borno-Monte Altissimo, da cui poi pertono numerosi impianti di risalita e di piste da sci, sul versante a nord ovest. Monticolo (Montécol) m.394 caratteristica montagnola al centro della piana alluvionale della bassa Valle Camonica a nord est di Darfo e dominante l'abitato Montecchio sulla riva destra del fiume Oglio, da "montìcolus" (monticello). Mora (Mora) m.277 località pianeggiante a nord est di Darfo in cui vi erano campi e prati: toponomasticamnete deriverebbe da un cognome presente anche in Valle Camonica. Moro (Moro) m.380 caratteristico e bellissimo laghetto ad ovest di Corna di Darfo ed a sud est di Angolo: si caratterizza perché non vi è alcun emissario visibile. Moro deriverebbe dal colore delle rocce che lo circondano. Si identifica pure, nella parlata locale, come: "Cò dè lach" (Capo di lago) che è anche la denominazione del piccolo borgo posto sulla sua costa a nord est. Ogliòlo (O'i; Oiòl) torrente ora ridotto a fossato a nord est di Boario. Ora (O'ra) m.1.690 località montana a sud est di Darfo sotto il Dosso Blussega a confine con il comune di Gianico. Panigada (Panigàda) m.275 sito pianeggiante tra Darfo e Gianico, deriverebbe dalla voce lombarda per fiore di Sambuco, ma è anche un cognome diffuso in zona e anche sul vicino Sebino. Paraier (Paraér) m.1.895 rilievo montuoso posto a sud est di Darfo all'inizio della Valle di Re. Perlepere (Perlepère) m.1.600 località montana a est di Darfo sotto il monte Colmet; deriverebbe da "Perlèt" o "Perlina" (pero corvino), pianta indigena e caratteristica dei nostri monti. Pezzegata (Peshegàda) m.230 appezzamenti di terreno posti a sud ovest di Darfo ed a nord est di Gianico. Piazza (Piasha) m.1.653 "piazza la Nera" era una vecchia cascina posta in quota, segnata su alcune mappe catastali del 1800, posta a sud est di Darfo ed a sud ovest del Corno Bertolot. Pingione (Pingiù) a m.660 era segnato, su un carta miliatre del 1800, un "doss Pingiù" o "còren Pingiù" a sud est di Darfo sotto il monte Colmèt. Pisagnocchi (Pishagnòch) m.1.112 località montana posta a sud est di Darfo ed a sud del Dosso Blussega. Plagne (Plagne) m.1.010 sito montano a sud est di Darfo sotto il Dosso Blussega, il toponimo è molto diffuso ovunque in Valle Camonica e solitamente indicava delgi spiazzi montani piani (piazza). Rineto (Rinèt) m.675 località sul lato sinistro del torrente Rovinazze a sud est dell'abitato di Darfo. Ringhizzone (Ringhisù) m.300 zona pianeggiante a nord est di Darfo. Rivione (Riviù) m.269 su mappe catastali del periodo veneto erano state disegnate alcune case rurali che erano poste tra Darfo e Gianico. Rognone (Rugnù) m.1.465 luogo montano ad est di Darfo, vicino al monte Colmet. Rovinazza (Ruinàsha) torrente tributario di sinistra dell'Oglio a Darfo. Santa Lucia (Shànta Lùshìa) m.400, piccola, antica cappella a nord di Angone. San Valentino (Shàn Valentì) a m.645: antica chiesetta a nord di Erbanno. Sarial (Sheriàl) m.1.270: con questo toponimo sono identificate,s ul mappe dell'800 una località posta a nord est di Darfo, ma anche un Corno Serial ed un Rio Serial. Saùcco (Saòch) m.1.030 e m.1.050: vecchi cascinali ad est di Darfo sotto il Dosso Blussega, "saùch" deriverebbe da "sambùch" (sambuco). Sella-e (Shèla-e) m.900 a sud est di Darfo, dosso posizionato sul fianco destro della Valle di Re. Smandri (Smandrì) m.1172: località montana ad est di Darfo sulla sponda sinistra della valle dell'Inferno. Splada (Splada) sito agreste rilevato ad est di Darfo tra il monte Colmet ed il Dosso Blussega: il toponimo, anche s emolto incerto, potrebbe derivare dal desueto termine locale "splatta" che indicava alcuni frutti arborei. Stiblel (Stiblel) m.1.450: vecchia cascina con fienile ad est di Darfo sotto il Dosso Blussega. |