Stemma Gianico Gianico
GIANICHESI (Dùtur - Gòs):
2.222 (anno 2012)
SUP. COM. Kmq : 13,3 H.m.: 281 s.l.m. Prefisso Tel.: 0364
Da BRESCIA e BERGAMO
Km.
53,5
Da MILANO
km.
103
CAP. : 25040


Le Immagini del Paese
Panorama
Madonnina del Monte (della Natività)
Campanile della Chiesa della natività
Vista aerea del paese
IL NOME:
Gianico (Giànech - Iànech) - Ianicum (sec. XIII) - Ianech (sec. XV) - Ianaco (1597) - Ianich (1818): studiosi di toponomastica farebbero derivare il nome Gianico da "dianicus" sostantivo che veniva usato dai romani per indicare un sito posto a levante o volto verso est dunque solitamente soleggiato. Altri studi invece, in modo diametralmente opposto, fanno riferimento a "gianech" che stava ad indicare una località molto fredda, con temperature rigide o addirittura ghiacciata. Queste due versioni sono in antitesi ma la collocazione geografica di Gianico, ai piedi delle montagne poste sul versante della sinistra orografica della Valle Camonica dimostrano che durante il periodo invernale l'insolazione non è sempre presente, mentre in estate il paese è inondato dal sole dalle prime ore del mattino e fino al tramonto. Ma il nome Gianico potrebbe derivare, e questa è la versione attuale più accreditata, da alcuni nomi personali romani come "Ioannicus" o "Addianicus". In particolare poi si fa riferimento anche ad "Jani Vicus" o "Vettianicus" con chiara indicazione di un fondo di proprietà di un certo "Vettius", nome di sicura origine romana. Non sono da escludere neppure le derivazioni da antichi termini comuni pre-romani o celtici come "gazium" (selva, fitto bosco) o da "dànech" (acqua o zona molto acquitrinosa): quest'ultimo termine potrebbe essere giustificato dal fatto che, prima delle vaste bonifiche attuate dai monaci del convento di Tours, il fondo valle era ricoperto da una vasta e inospitale palude o addirittura dalle acque del lago d'Iseo e un antico nucleo abitato poteva sorgere sulle qulle sponde.


LA STORIA:

    Non si hanno notizie certe della presenza di insediamenti preistorici o pre-romani nella zona dove oggigiorno sorge il borgo di Gianico e le prime testimonianze risalgono perciò al periodo successivo alla conquista romana della Valle Camonica avvenuta nel 16 a.C. La costruzione dell'importante via Valeriana, che percorreva tutta la Valle dell'Oglio nella sua lunghezza, favorì la costruzione di numerosi insediamenti lungo il suo tortuoso tracciato e Gianico, con tutta probabilità, dovrebbe essere nato come stazione di posta o di ristoro o per il cambio dei cavalli. Intorno a questo primo insediamento si sarebbe poi sviluppato (come in molti altri casi similari) un piccolo nucleo abitato che nella sua parte più antica doveva essere localizzato dove ora si trova l'antica contrada di Imavilla: a questo nome (abbastanza diffuso in Valle e tramutatosi poi in Cimavilla) si evince il chiaro ricordo della presenza romana.
    Fino a tutto il Medio Evo, alla conquista Longobarda e poi Franca, il vasto fondovalle della bassa Valle Camonica doveva essere, fin ben oltre Gianico, un vasto acquitrino e questa zona era in pratica la continuità della sponda nord del Lago d'Iseo che, ancora in epoca romana, doveva essere ben più esteso di quello attuale. Era questa una vasta area, che toccava le due "sponde" vallive e doveva essere ben poco salubre e niente affatto vivibile e certamente non coltivabile. Questo stato di cose rimase immutato fino a quando i monaci del convento francese di Tours, dopo che ebbero avuto tutta la zona in donazione diretta da Carlo Magno nel 774, non iniziarono a bonificare le terre acquitrinose, creando vaste aree coltivabili creando così le condizioni perchè dalle pendici dei monti gli insediamenti abitativi e le colture si diffondessero anche nella pianura alluvionale dell'Oglio.
    Con l'arrivo, ancora in epoca tardo romana, del Cristianesimo, tutta la vallata dell'Oglio, territorialmente e amministrativamente venne divisa in grandi Pievi e Gianico, ancora piccolo agglomerato di casupole, per i servizi religiosi con il versamento delle decime e degli oboli, dipese dalla più antica pieve di Rogno che aveva giurisdizione su tutta la bassa Valle Camonica. Ci fu, per molti secoli, una stretta e diretta dipendenza tra le due comunità religiose di Gianico e Rogno poiché la distanza è molto breve (poco più di un chilometro) ma i due paesi sorgono sulle rive opposte dell'Oglio (ora sono anche in province diverse: Gianico è sotto Brescia e Rogno è in provincia di Bergamo). La presenza dei Longobardi, che per circa cinque secoli furono la classe dominante della zona, è ricordata in Gianico dalla dedicazione, in epoca medioevale, della sua prima parrocchia a San Michele, santo molto venerato tra quel popolo guerriero che tante tracce, per la sua lunga presenza, lasciò nella valle.
    Ancora intorno all'anno mille, Gianico, sempre piccolo insieme di case rurali strette intorno alla chiesa, gravitava ed era addirittura una frazione del più popoloso borgo di Montecchio che all'epoca era la più importante cittadina dell'intera Valle Camonica, tanto da divenirne anche il capoluogo. Anche per questa comunanza amministrativa, giudiziaria e continuità territoriale, Gianico, nel 1248, con un decreto del Delegato Vescovile di Brescia, ottenne notevoli esenzioni fiscali collegate alle stesse esenzioni che aveva avuto Montecchio per servigi resi alla potente Curia bresciana. Ma anche la famiglia ghibellina dei Federici aveva nella zona dei vasti possedimenti e numerosi beni convalidati da diritti feudali e questa prolifica e intraprendente stirpe era la fiduciaria dell'Impero fino dalle prime calate in Italia di Federico Barbarossa (da cui sembra abbia preso il nome) e, a varie riprese, anche con scontri armati, si era opposta, per questioni di interesse economico e politico, alle mire espansionistiche del Vescovo di Brescia.
    La vita di Gianico è sempre stata collegata al torrente Re a ridosso del quale venne costruito l'originario nucleo abitato e purtroppo molte sono state, nei secoli, le distruzioni, le inondazioni e i lutti che la storia locale annovera. La più terribile, tra le ricordate negli annali Parrocchiali, fu certamente quella del 14 settembre del 1470: le cronache d'allora raccontarono di una devastante alluvione che provocò oltre 100 morti (più di un quarto dell'intera popolazione !) e la completa distruzione di gran parte delle case.
    In alcuni atti notarili risulta che, già prima del 1400, alcune famiglie nobiliari di Gianico, con investitura curiale, riscuotevano le decime in nome del Vescovo di Brescia e a partire dal XV secolo vengono citati i nomi di Giovanni de Bordi, Galibus di Giovanni Cochis e i fratelli de Cottis (da cui deriverebbero le innumerevoli famiglie presenti ancora in paese ai nostri giorni con i nomi di Cotti, Cotti Cottini, Cotti Piccinelli, Cotti Cometti, Cotti Comettini ecc).
    Dopo la conquista della valle da parte delle truppe della Serenissima Repubblica Veneta, per contrastare l'atavico potere dei nobili locali, agli uomini del comune (gli "Originari delle antiche terre di Gianico") vennero riconosciuti (e rimasero tali per secoli) vasti diritti territoriali, di proprietà e amministrativi. Nacque così la "Vicinia": ente locale legato strettamente alla identità paesana e all'appartenenza alle famiglie residenti nel borgo da lungo tempo, in cui erano gestiti molti beni in comune regolati da precise norme e statuti che avevano la loro legittimazione nel volere popolare. La Vicinia era nata in contrapposizione allo strapotere e alle angherie dei feudatari locali, la Vicinia si realizzò per amministrare alcuni beni e proprietà comuni, per poi trasformarsi in un vero e proprio organo amministrativo che in seguito, subendo ulteriori modifiche, giunse a formare il primo embrione dell'entità comunale, in cui si gestivano anche proprietà in comune ma addirittura i calendari liturgici e i giorni festivi. Era retta da "Consoli" eletti ogni anno dai Capifamiglia, denominati come "fuochi" (nuclei familiari) e dai residenti denominati "Originari" e coadiuvati nelle pratiche amministrative dai "Reggenti". Compito principale (originario) era quello di regolare uno sfruttamento equo del patrimonio comune formato da boschi, segherie, forni, fucine, calchere, mulini, segaboli e dalle numerose malghe e alpeggi.
    Questi beni erano dati in appalto ai cittadini che ne facevano richiesta e assegnati, tramite incanti pubblici che si tenevano in piazza, la domenica, dopo la Messa Grande. Le riunioni della Vicinia si tenevano nella casa comunale e, durante il periodo invernale, per il freddo, nelle tiepide e accoglienti stalle. L'elezione dei Consoli e dei Reggenti avveniva per ballottaggio (con delle "balle" ossia delle piccole palle di pietra o legno colorato) in quanto la maggior parte degli aventi diritto al voto (i Vicini) erano analfabeti. Nelle riunioni generali venivano prese tutte le decisioni che poi regolamentavano i rapporti, non solo tra i "vicini", ma anche con la Curia, i feudatari e le comunità confinanti. Nel 1550 Gianico annoverava nelle liste comunali non più di 600 abitanti e la sua parrocchia dipendeva ancora da quella di Darfo che era divenuto il centro più importante dopo che una enorme frana aveva distrutto quasi completamente la ricca Montecchio relegandola al ruolo di piccola frazione. In seguito Gianico appartenne, nel 1578, alla vicaria di Artogne, poi passò (come era già stato alcuni secoli prima) nel 1636, per un breve periodo, di nuovo sotto la giurisdizione di Rogno.
    Nel 1692 Gianico venne nuovamente aggregato alla comunità religiosa di Piano (d'Artogne), per tornare, solo nel 1786, sotto Darfo, da allora le terre e il borgo di Gianico, anche amministrativamente, nei secoli XVI e XVII, furono accatastati direttamente al comune di Darfo che aveva accorpato altre 12 piccole frazioni che sorgevano tutte nella vasta insenatura dell'Oglio e sulle pendici delle montagne che circondavano la zona pianeggiante da Erbanno fino ad Artogne.
    Presente anche nei secoli precedenti, fu però a partire dal 1400 e dalla dominazione veneziana, che l'artigianato e la lavorazione del ferro si sviluppò notevolmente in paese, grazie specialmente alla notevole produzione di carbone, necessario per alimentare le locali fucine e i forni fusori che erano posti anche in altri paesi. Questo carbone (non d'origine naturale di cui la Valle era ed è completamente priva) era lavorato artificialmente con antichi metodi (ancora ricordati ai nostri giorni) ed era il principale prodotto finito del lungo processo di combustione senz'aria della legna tagliata nei vasti boschi che erano una delle principali ricchezze della Valle Camonica. Molto del ferro lavorato e prodotto in zona, specialmente per le armi bianche (spade., picche e spadoni), prendeva la via dei mercati e degli arsenali di Venezia che era subentrata, nel dominio della Valle, ai Visconti e agli Sforza di Milano, dopo lunghe e sanguinose guerre che erano state combattute anche sul suolo camuno.
    Nel lungo periodo in cui governò la Serenissima Repubblica Veneta (rispettando anche molti degli statuti e delle tradizioni amministrative locali), la Valle Camonica e le altre valli bresciane e bergamasche trascorsero un periodo di relativa prosperità che però fu, più volte e in modo infausto, interrotto da epidemie, incendi e alluvioni che tanti lutti procurarono alla già scarsa popolazione locale. Come spesso accadeva in quei tempi di profonda religiosità, per scongiurare le più frequenti calamità naturali (specie le inondazioni del torrente Re), nel 1562 gli abitanti di Gianico, invocando la protezione della Vergine Maria, riuniti in assemblea, votarono la costruzione (non di sponde e argini sicuri… ma…) di un santuario che, dominando dall'alto le terre gianichesi, le ponesse sotto la diretta protezione della madre di Cristo. Questo edificio religioso, articolato in più corpi, si staglia anche oggigiorno, su una collinetta, sopra l'abitato e domina tutta la bassa Valle Camonica potendo, dal li, far spaziare lo sguardo fino alla sponda nord del lago d'Iseo.
    Tra le curiosità che possono essere rilevate (ma non spiegate) in alcune statistiche storiche dei registri parrocchiali, si può sapere che, se nel 1550 gli abitanti di Gianico erano contati in 600 (come abbiamo già scritto), solo 17 anni dopo, nel 1567 erano scesi a 440, ma solo dopo altri sei anni, nel 1573, Gianico poteva di nuovo contare su 600 abitanti. In questo secolo erano nate anche alcune confraternite religiose, attive in paese, tra le quali sono più volte citate la "Confraternita del Corpus Domini" e il "Consorzio della Misericordia".
    Nel 1721 iniziò la costruzione di una nuova parrocchiale nonostante il fatto che, alla fine del 1500 il cardinale Carlo Borromeo, durante la sua famosa, lunga e meticolosa visita pastorale in Valle Camonica, avesse ordinato, non la costruzione di un nuovo tempio, ma l'ingrandimento della chiesa già esistente e specialmente del coro. In seguito, sempre su indicazioni del cardinale, l'antica cappella di San Rocco era stata trasformata in sacrestia. La volontà di costruire una nuova chiesa più ampia di quelle già presenti fa dunque pensare che la popolazione, nel XVII secolo, fosse notevolmente aumentata.
    Nel periodo giacobino e poi Napoleonico, dal 1797, Gianico passò, come gran parte della Valle, sotto il Cantone della Montagna, poi venne aggregato al dipartimento del Mella, poi a quello dell'Adda e dell'Oglio, poi ancora a quello del Serio.
    Dal 1816 al 1859, durante l'impero Austro-Ungarico, la zona su cui insistevano anche le terre di Gianico, passò alla provincia di Bergamo (fino a quell'epoca, e per ancora un lungo periodo, la Valle Camonica era meglio e più rapidamente collegata a Bergamo che non a Brescia).
    Nel 1861, alla proclamazione del Regno d'Italia, Gianico e la bassa Valle passarono sotto il mandamento di Pisogne e sotto la provincia di Brescia.
    Ancora nel 1859 e nel 1863 Gianico dovette subire due violente e luttuose inondazioni che distrussero molte case.
    A partire dalla fine degli anni '90 del secolo scorso, la vasta zona pianeggiante al confine con il comune di Darfo è divenuta zona di insediamenti industriali e artigianali e il paese si è notevolmente sviluppato con la edificazione di numerose abitazioni e con il recupero e la ristrutturazione di alcune delle antiche dimore signorili colloccate nel centro storico.


DA VISITARE:
Tra le abitazioni signorili che sono presenti nel centro storico di Gianico una menzione va fatta a Palazzo Fiorini (è da considerare la più illustre famiglia del paese): edificato nel 1600, si caratterizza per un bel portico e delle loggette. Un'antica e bella fontana fu realizzata nel cortile interno, come si usava, nelle case signorili del XVII secolo. La famiglia Fiorini era giunta in Valle Camonica, da Milano, nel 1361 durante la dominazione Viscontea e assunse importanza nel paese grazie anche alla protezione del potente Bernabò Visconti. Il più noto rappresentante di questa famiglia è certamente il teologo padre Zaccaria Fiorini che nel 1700, appartenente all'Ordine del Minori Riformati, fu lettore emerito di teologia e noto autore di alcune pubblicazioni.
Sempre nel vecchio centro storico del paese è da citare anche Casa Mazzoldi ora di proprietà comunale.
Una menzione va fatta anche per la Fontana del Torchio di forma ottagonale realizzata in pietra locale.
La Parrocchia di San Michele Arcangelo: come è stato ricordato nella storia del paese, fu edificata nel 1721 perché la vecchia parrocchiale che già esisteva da secoli era diventata insufficiente per contenere l'aumentato numero degli abitanti. L'interno del tempio si caratterizza con cinque altari marmorei che sono opera di artigiani com'acini: l'altare maggiore è attribuito a Giacomo Novi. I dipinti che adornano le pareti sono di Antonio Guadagnino, eclettico pittore nato a Esine (1817-1900) ha lasciato in Valle Camonica numerose opere che, per quantità e qualità, rivestono una notevole importanza come qulle a Pisogne nella parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta, nella parrocchiale di Gianico, a Esine, a Cividate, a Malegno, a Ossimo Superiore, a Borno, a Villa di Lozio. Moltissimi lavori di ottima fattura con anche molti affreschi come il ciclo di dipinti murali lasciato nella parrocchiale di Breno.autore anche di una pala e dell'affresco della vasta cupola. Un'altra pala del 1800 è attribuita a Giovan Battista Nodari (pure lui di Esine) e una grande tela del 1700 è di Pietro Scalvini. L'opera forse più rimarchevole rimane però una statua lignea, rappresentante il "Cristo morto", opera del Fantoni che fu uno dei massimi artisti del genere e che tante opere sacre ha lasciato in tutta la Valle Camonica.
Il Santuario della Madonnina del Monte (della Natività) fu edificato in sostituzione della chiesetta eretta a scioglimento del voto fatto dalla collettività gianichese nel 1536, per invocare la protezione della Vergine contro le frequenti e luttuose inondazioni del torrente Re. Dal sagrato della chiesa è possibile ammirare il paesaggio che va dalle montagne dell'Adamello alla sponda nord del lago d'Iseo. Il possente campanile, che è visibile da tutta la bassa Valle Camonica, è in granito e fu costruito nel 1600. Sulla parete dell'antico santuario è visibile un grande affresco raffigurante la "Madonna col Bambino". L'interno, in chiaro stile barocco, è stato affrescato dal Carloni che fu l'autore anche della pala sovrastante l'altare dedicato a San Giuseppe. Una bella "Natività della Vergine" fu opera di Palma il Giovane. Tre dipinti, su tela, di ampie dimensioni, sono invece attribuiti al Ligari.


LOCALITA' COMUNALI E FRAZIONI:
(Molte delle località di seguito riportate forse non sono più presenti nella memoria delle nuove generazioni o nelle carte, o nei contratti notarili o nei testi contemporanei. Alcune risalgono, nella loro identificazione, a molti secoli addietro, altre hanno mantenuto intatto la loro localizzazione e il loro nome passando di proprietà in proprietà, altre ancora, anche ai nostri giorni, sono presenti in carte catastali, in contratti di compra vendita o semplicemente nella parlata di tutti i giorni).
Bàite (Bàite) un "Prà delle Baite" (m.900-1.000) era segnato già nel 1700 su alcune mappe catastali venete, alla sinistra della valle del Re di Gianico: "Bàita" (casa di montagna), è voce alpina e prealpina molto comune anche in Valle Camonica.
Basicò (Basicò) a m.1.381: una "località Basicò" è posta in quota, sul versante sinistro della valle di Re, confluente di sinistra dell'Oglio.
Beccheria (Becheria) a m.1.977: un "Dosso Beccheria" di Bassinale, è rilevabile, già su una mappa del 1750, a sud-est di Gianico, alla testata di Val di Re: "Bèch" in dialetto locale è il caprone. Poco a nord del "Dosso Beccheria" sono localizzati i prati di Cervera.
Blussega (Sblüshega) a m.1.810: il "Dosso Blussega" a sud di Gianico, si eleva tra le valli di Re e dell'Inferno, sul versante sinistro della Valle Camonica. "Blisgà" (sdrucciolare) e "Sblishegà" è una variante di questo nome dialettale che forse discende dalla conformazione dello stesso monte che, verso le due valli, presenta pendii ripidi e evidentemente ritenuti sdrucciolevoli. In dialetto camuno "bolognà" e "sbolognà" sta però anche per "disfarsi di qualche cosa dandola anche con l'inganno".
Cadì (Cadì) un sito "Foppo di Cadì" è posto nei monti ad est di Gianico ed a nord-ovest del monte Frà: "Cadì" (catino).
Campelli (Campèi) a m.1.551: località montana posta sul versante sinistro della valle del Re.
Castagne (Castègne) a m.696: un sito denomintao "Castagne Ladri" è segnato su una antica mappa catastale dell'800 e sul terreno è posta anche una cascina adagiata sulla sinistra della valle del Re di Gianico. Il toponimo deriva direttamente dal fatto che territorio di Gianico è uno dei più ricchi di castagneti, nella Bassa Valle Camonica, che erano una delle principali risorse della popolazione nel IX secolo.
Cervera (Shervéra) a m.1.300 circa: un vasto "Pra di Cervera" è località montana con delle antiche baite e delle cascine sul versante destro della Valle del Re di Gianico poste sopra Fucine, frazione di Darfo Boario Terme. "Shervéra" starebbe ad indicare un luogo frequentato da cervi. Questo nome è piuttosto diffuso in Valle Camonica.
Ciappa (Ciàpa) a m.1.000, località sul versante sinistro della valle Re di Gianico, confluente di sinistra dell'Oglio. "Chiappa", dialetto "Ciapa", è un cognome piuttosto diffuso nel bresciano. "Ciapa" vuole dire sia coccio che anche "natica" "chiappa" e in dialetto camuno ciapa è anche l'imperativo del verbo "ciapà": prendere: "prendi !".
Cimosco (Shimósch) a m.1.785, una località "Castellino Cimosco" era riportata su una vecchia mappa militare del secolo scorso con una cascina a sud-est, posta all'inizio della valle di Re. Il luogo era caratterizzato da un vasto prato sul cui confine nord-ovest si aprono dei valloni scoscesi: "Shimosha" è l'orlo del panno o della tela.
Dosmèda (Dosmedà) a m.1.480, una "Baita Dosmèda" era riportata in una mappa catastale del 1750, sul fianco sinistro della valle di Re a sud-est di Gianico. Il toponimo deriverebbe da "Dòsh" (dosso) e "medal" (cava di pietre e mucchio di pietrame). Stranamente nella località, nei pressi della baita e nei dintorni del prato non figurano delle cave o dei depositi di materiale di scavo.
Dosso (Dòsh) a m.350 piccolo rialzo del terreno alluvionale a sud di Gianico, con antiche case: la parola "dòsh" deriva dal vocabolo latino "dorsum" (dosso), nome molto diffuso in tutta la Valle Camonica.
Lares (Làresh) a m.1.200 un "Prà del Làresh" è posto nel versante sinistro della valle del Re di Gianico: "Làresh" è il larice.
Mortera (Mortér) a m.930, baite montane a nord-est di Gianico, sotto il Corno Pisagnocchi: "Morteria" è una palude o un luogo ove l'acqua ristagna: strano poichè nella zona non vi sono pozze o lagehtti.
Motti (Mòç) a m.1.840: un "dosso Motti" è localizzato a sud-est di Gianico, all'inizio della valle dell'Orso: da "mut" (monte).
Paglia (Pàia) a m.1.870, località montana con una baita a sud-est di Gianico sotto la Porta di Bassinale: "Pàia" (paglia).
Panigada e Pizzigada in una località a sud-est di Gianico si trovavano, già il secolo scorso, due cascine che prendono potrebbero prendere il nome dal basso latino "gadium" (bosco bandito) o da "gades" (siepe o recinto), Panigada è anche un cognome presente nella bassa Valle.
Passo Stretto (Shapèi) a m.1.890 circa, sentiero montano a sud-est di Gianico. Non sembra, leggendo le carte geografiche particolareggiate del luogo, che si tratti di un valico, ma piuttosto di un sentiero che porta al Dosso Paraier: questo toponimo è infatti segnato in cresta e non nell'avvallamento del passo: "Shapèl" al plurale è "shapèi", in dialetto camuno ha vari significati, compreso quello di sentiero montano.
Pezzegata (Peshegàda) a m.230 era segnata su una mappa catastale del 1750 una casa con vasti terreni agricoli, a sud-ovest di Darfo ed a nord-ovest di Gianico: "Pèsh" è una voce lombarda per pino selvatico, che discende da "picea" (abete).
Plagne (Plagne) a m.900: località "Plagne della Valle" è a sud-est di Gianico sulla destra del torrente Re. "Plagne" è nome diffusissimo in Valle Camonica per definire luoghi pianeggianti, infatti "plagna" è piazza.
Plagnòli (Plagnöi) a m.1.050 località montana su cui, fin dal secolo scorso, erano segnate delle baite a sud-est di Gianico ed a nord di Corno Torrosella: "Plagnòi" è diminutivo di Plagne, "plagna" (luogo piano fra i monti) dal basso latino "plania".
Pra (Pra) a m.900 si trova un "Pra de le Baite", a sud-est di Gianico, sul versante sinistro della valle di Re: "Pra" (prato).
Re (Rè) la Valle di Re si apre a sud-est di Gianico: "Rè" voce diffusissima che indica sempre un corso d'acqua.
Rióle (Öle) a m.783 è segnata una vecchia casa a nord-est di Artogne ed a sud-est di Gianico: "Öle" è l'olio, ma qui è probabile che derivi da "rìole", che suona come diminutivo di rio (torrente) e da "riolus" (rivolus o fiume).
Rivione (Riviù) a m.269: sito in zona pianeggainate su cui sorgeva, fin dal'800, un gruppo di case tra Darfo e Gianico, posto presso la destra del torrente Re: "Riviù" suona come accrescitivo di riva (sponda).
Roncazzo (Roncàsh) a m.1.030: un "Pra di Roncazzo" era riportato a sud- est di Gianico e a nord del Corno Torrosella. "Ronchàsh" è peggiorativo di "ronch" dove "Roncàsh" è la "pernice di monte", forse il loco sorgeva anche un roccolo e probabilmente la località ha preso il dal nome dell'uccello.
Rondeneto (Rondenét) a m.1.830 e m.1.680, su una vecchia mappa militare del 1700, erano riportate una cascina e un laghetto "Rondeneto" a sud-est di Gianico, sotto il Dosso Paraier. "Ròndena" (rondine), forse nel significato di luogo popolato dalle rondini.
Rosello (Rödèl) toponimo molto diffuso tanto che a m.2012; m.1686; m.1630; m.1567, sono varie località poste tutte sulle pendici del Monte Rosello. In questa zona sono localizzate anche delle vecchie cascine: "Rosello" di sopra, cascina Roseletto, cascina Rosello e Rio Rosello, a sud-est di Gianico ed a nord-ovest del monte Stabile. "Rosa" oltre al nome del noto fiore è anche sinonimo di ghiacciaio ma "Ròdèl" suona anche come diminutivo di "röda" (ruota).
Rubino (Rubì) a m.227, località poco a sud-ovest di Gianico, "Rübì" (robinia, pianta molto diffusa in zona).
Salvano (Shalvà) sopra i m. 1.000 era segnata una zona pianeggiante chiamata "Pra di Salvano" tra Gianico e il corno Torosella.
Scalvini (Scalvì) a m.1.090: località a sud-est di Gianico e a nord del Corno Torosella. "Scalvà" (scapitozzare, tagliare i rami) e "Scalv", voce lombarda per indicare questa operazione. Probabilmente però la località, con una vecchia cascina, ha preso il nome dal cognome Scalvini, molto diffuso in Valle Camonica.
Silter (Shilter) a m.1.550, località a sud-est di Gianico tra le valli dell'Orso e dell'Inferno. "Shilter" (volta, in particolare del palato) ma è anche sinonimo di luogo riparato e umido, originariamente era una caverna naturale o artificiale o piccolo edificio in cui i mandriani, durante il periodo dell'alpeggio, in estate, conservano il latte ed i prodotti caseari (formaggi, stracchini e burro).
Torrosella (Torodèle) a m.1444 un "Corno Torrosella" a sud-est di Gianico, sul versante destro di valle Bassinaletto: una vicina località Rosello (Ròdèl) fa pensare a Tor Ròdèl da "Tor" (torre).
Vislonga (Vislunga) a m.230: località a nord di Gianico: "Viès" (salcio, salice di monte). In questo sito pianeggiante e posto verso le rive dell'Oglio, fin dal secolo XVIII, vi era una piccola santella votiva e forse il nome deriva proprio da viès, per indicare un gran salice che, vine ricordato ancora, ornava il sacello stesso.


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