IL NOME: Incudine (Incusegn) - Ancusine (sec. XI)): studiosi di toponomastica fanno derivare il nome Incudine direttamente da "enchosen" (incudine) il noto strumento usato dai fabbri, ma altri protendono per una etimologia che fa riferimento a "anchusa" (pianta erbacea) o, più probabilmente da "incudo" (fatto con il ferro). Una versione in tempi più recenti, indicherebbe una lettura geologica e geografica riferita alla conformazione e alla aridità del suolo e cioè da "incusine" (terre incolte). LA STORIA : Una "bota" (storia tramandata oralmente): un'antica leggenda locale, che si perde nella notte dei tempi, che comunque alcuni studiosi ritengono abbia qualche fondamento, racconta che il paese di Incudine fu fondato, in epoca post romana o nel basso Medio Evo, come campo di raccolta e di sorveglianza per schiavi (da cui il nome "incudine" per indicare il grosso pezzo di ferro su cui venivano "ribattuti i ferri" che incatenavano). Ma un'altra ipotesi viene proposta sull'origine del piccolo borgo che può essere, anche in questo caso, con buona approssimazione, fissata proprio in epoca post-romana e cioè (come per il nucleo originario di un altro paese della media Valle Camonica: Ono San Pietro) anche per Incudine si può ritenere, con buone probabilità, che un gruppo (o una carovana) di nomadi provenienti dalle pianure ungheresi, durante le continue trasmigrazioni di massa del primo periodo medievale, abbia fissato la propria dimora in questo sito, erigendo alcune piccole case rurali a ridosso della ripida montagna che sovrasta il corso dell'Oglio in questa parte dell'alta Valle che un tempo fu dimora del popolo dei Camuni. Il primo documento ufficiale in cui si trova nominato il paese di Incudine risale al 1032 e si tratta di una pergamena in cui è riportato un decreto di Olderico Duca di Valle Camonica e Vescovo di Brescia che, vantando diritti feudali, priorità religiose e privilegi in alta Valle, disponeva che, dalla vasta e antica Pieve di Edolo, venissero scorporati i paesi di Incudine, Monno, Vezza e Vione. Il decreto curiale fu, negli stessi termini, anche reiterato nel 1194 confermando perciò, in modo ufficiale, la creazione di diversi fonti battesimali, staccati dall'originaria Pieve edolese che aveva avuto la sua origine durante le dominazione longobarda e la diffusione del cristianesimo in valle. Il comune di Incudine, come entità amministrativa autonoma, fu uno dei primi, riconosciuti dal vescovo bresciano in Valle Camonica. I Consoli del paese, Inzelasius Eutaldi Bazii e Mejorus Bellono, dichiararono sotto giuramento, il 13 febbraio 1233, che la terra era e restava di proprietà della Curia Vescovile di Brescia a cui dovevano essere corrisposte le tasse e decime. L'affitto di queste terre era completamente pagato con prodotti locali e in natura: formaggi, pollame, cacciagione e altro che sarebbero stati consegnati ad uso della "mensa vescovile". Negli accordi per Incudine e le sue terre, vi erano citate espressamente delle clausole che ai nostri giorni appaiono curiose, ma che all'epoca erano consuetudine ed erano fondamentali nei rapporti tra coloro che detenevano i diritti feudali e quelli che ne erano soggetti. Queste servitù, delle terre camune nei confronti di chi era investito della Signoria si esplicavano in lunghe e meticolose liste di doveri e contributi come quelli che assicuravano alla Curia bresciana, in caso di uccisione di un orso, una coscia, le gambe, le interiora e la spalla destra. Chi invece riusciva ad impossessarsi del nido di un rapace (sparviero, falco o astore), ritenuti dannosi per la collettività, era dispensato dal pagare, per un determinato periodo, il balzello sul formaggio prodotto in casa. Nel 1299, con un atto del "notaro Albertino Marenzoni", lo sfruttamento di molti beni e proprietà del comune fu stato ceduto dalla lontana Curia ad alcuni nobili vassalli locali tra cui spiccava la famiglia Pasino. Il 3 giugno 1446, dopo che la Valle Camonica era passata dalla signoria del Ducato di Milano alla dominazione della Serenissima Repubblica Veneta (comunque solo nel 1454 questa dominazione divenne definitiva con la pace di Lodi del 9 aprile), il comune e gli uomini di Incudine furono completamente liberati dagli affitti e dalle servitù dovuti ancora al Vescovo, per pagarli però agli esattori della Repubblica di San Marco. Nel 1456 furono realizzate, dai genieri veneziani, delle opere di fortificazione del sito poiché era molto vicino alle pendici del passo del Mortirolo, collegato con la Valtellina e la Svizzera, da cui sarebbero potute discendere truppe nemiche. L'autonomia comunale fu riconfermata, con decreti dogali, a più riprese in tutto il XVI secolo. Il 1600 fu un secolo colmo di disgrazie e pestilenze in tutta la Valle Camonica e anche a Incudine molti furono i lutti dovuti inondazioni o carestie. Terribili furono soprattutto il 1630 e gli anni successivi: grandi disgrazie si abbatterono sulle genti dell'Italia dopo la calata, passando anche per la Valle Camonica, delle temibili e vandaliche truppe dei Lanzi(chenecchi): si dovettero contare moltissime vittime per varie epidemie di peste (quella di manzoniana memoria) che ridussero a quasi la metà la già scarsa e indifesa popolazione locale. Nella seconda parte del 1600 don Maffeo Pietroboni di Monno e altri parroci della zona crarono, impiantarono e animarono delle scuole locali iniziando un'opera di istruzione per "saper leggere e scrivere" che durerà per più di due secoli spegnendosi solo alla fine dell'800. Uno statuto particolare, redatto il 13 maggio 1638, imponeva che l'insegnamento impartito in questa "scuola di grammatica" fosse gestito da un membro illustre della comunità, dal più anziano rappresentante della famiglia Camadini e dal parroco o dal cappellano. La nota famiglia Camadini, la più illustre del piccolo borgo, a dimostrazione della sua presenza, costruì presso la parrocchiale una bella casa gentilizia dalle linee austere e sobrie. Nel 1732 don Pietroboni riportava, negli annali della sua parrocchia, che gli abitanti di Incudine erano circa 400 e che più di 100 erano emigranti, specialmente in Veneto e a Verona in particolare. Altro periodo travagliato e molto difficile per l'alta Valle Camonica fu quello napoleonico: il continuo passaggio nella zona, di truppe sia francesi che austriache, i saccheggi, le requisizioni e le violenze, compiuti indistintamente da entrambi i contendenti, furono pesantissimi e l'inerme popolazione, ridotta in miseria e povertà, era ridotta alla semplice sopravvivenza. Le truppe napoleoniche e quelle austro-ungariche si combatterono ferocemente e a più riprese in questa impervia zona per poter controllare il passaggio sui valichi del Tonale e del Mortirolo: il transito per Incudine, vista la conformazione della valle, era obbligatorio per la collocazione a cavallo dell'unica strada di fondovalle: questo rendeva strategicamente importante e conteso questo sito. Tra gli scontri più cruenti va ricordato quello del 1809 tra gli insorti del vicino Tirolo, guidati dal famoso Andrea Hofer e le truppe d'occupazione francesi. I trentini, calati all'improvviso in alta valle valicando il passo del Tonale e passati alla storia come eroici partigiani e liberatori, saccheggiarono tutto quanto era possibile trovare e uccisero, oltre a qualche soldato francese anche numerosi inermi Camuni. I francesi (che non si comportarono certo meglio) riuscirono comunque a ricacciare i ribelli oltre il confine naturale e politico del Tonale e della Val di Non e si abbandonarono a nuovi saccheggi e a ulteriori spogliazioni. Nel 1815, dopo la sconfitta di Napoleone e il conseguente crollo dell'Impero Francese, venne chiuso il breve ma terribile periodo dell'occupazione delle truppe transalpine e, con il Congresso di Vienna venne sancito il passaggio di tutte le terre della scomparsa Repubblica Veneta, all'Impero Austro-Ungarico. Malgrado alcuni lavori pubblici che indubbiamente migliorarono le condizioni di vita (strade, argini dei torrenti) e una certa tranquillità sociale quello del Regno Lombardo Veneto, fu un periodo che rivide lo spettro delle carestie e delle pestilenze: la febbre petecchiale fece molte vittime e due infezioni di colera, nel 1836 e nel 1855, portarono, ancora una volta, a molti lutti in tutti gli strati della popolazione. Furono sette i volontari di Incudine che combatterono come volontari al passo del Tonale nell'infelice insurrezione anti-austriaca del 1848 che si risolse con una disfatta per i volonterosi ma impreparati, mal comandati e scarsamente armati patrioti italiani. Proprio in quell'anno, per motivi logistici e militari fu impiantato nella zona il primo telegrafo, che fu gestito dalla gendarmeria austriaca. Nel luglio del 1849, nella prima guerra d'Indipendenza, si stabilirono momentaneamente in zona i Cacciatori delle Alpi (guidati da Garibaldi) che vennero affiancati da altre truppe regolari "Italiane". In quei mesi confusi e esaltanti fu il parroco del paese, don Domenico Ceresetti, a raccogliere delle offerte e delle vettovaglie per questi soldati che dovettero però ritirarsi ben presto dopo la sconfitta delle truppe piemontesi di Carlo Alberto. L'importanza strategica della posizione di Incudine (con il forzato passaggio sul fondo valle dell'unica via di accesso tra i passi montani verso il Trentino e la Valle Camonica) obbligò i militari a far saltare, con cariche di polvere nera, l'antico ponte di Sant'Obizio distruggendo completamente quest'opera tanto cara agli abitanti locali. Nel luglio 1866, dopo la pesante sconfitta subita dai soldati italiani a Vezza d'Oglio, il colonnello Caldesi, che non aveva partecipato alla battaglia, pose il suo campo armato e i vari quartieri a Incudine. Il paese cadde però in mano nemica e subito gli austriaci si lasciarono andare a delle rappresaglie, incendiando alcune case e diversi fienili praticando violenze, soprusi e numerosi arresti. Dopo le guerre risorgimentali il primo periodo del Regno d'Italia fu caratterizzato, come in altri paesi, caratterizzati da sacche di povertà diffusa ed endemica, da una massiccia emigrazione di abitanti di Incudine che cercavano fortuna (o semplicemente qualche cosa da mangiare per sopravvivere) andandosene lontani da casa: negli Stati Uniti, Australia, Svizzera, Francia, Belgio e anche Costa d'Avorio. Anche durante la prima guerra mondiale (1914-1918) Incudine, situato nei pressi delle prime linee, che correvano sul fronte dell'Adamello e in alta Valle Camonica, fu centro di comandi militari. Nel piccolo borgo, con grandi disagi, furono stabiliti diversi centri logistici e furono acquartierate molte truppe tanto che la stessa canonica fu trasformata in comando alpino. Nei primi due anni di guerra, 1915 e 1916, furono numerose le strade militari costruite nella zona: erano le vie per approvvigionare le truppe al vicino fronte adamellino. Per Incudine, accanto alla sponda destra dell'Oglio, passava anche la piccola ferrovia che da Edolo saliva fino a Vezza d'Oglio. Proprio per la presenza di truppe in paese e nelle vicinanze, un certo benessere fu patrimonio di alcune famiglie che lavoravano per l'esercito ma, nel primo dopoguerra questa momentanea ed effimera prosperità legata al conflitto, venne a ridursi e Incudine ridivenne il piccolo borgo alpino da cui, percorrendo la statale del fondovalle, passava (e passa) senza fermarsi, il notevole flusso turistico diretto verso Ponte di Legno e il Tonale. DA VISITARE: La Parrocchiale di San Maurizio, fu costruita a partire dal 1630, anno della famosa peste. Il presbiterio fu poi ampliato nel 1800, presentando così, caso raro ma non inconsueto, due diversi stili architettonici. La pala dell'altare maggiore, datata 1600 raffigura "San Maurizio e l'Assunta" ed è opera del pittore Gian Giacomo Borni (Gaioni) detto il Bate (detto anche: Bati, Batte, Boni-Bate, Borgnini, Borni, Rambotti): nato nel 1635 a Ponte di Saviore da una famiglia originaria di Borno, morì a Ponte il 29 ottobre 1700) ed è racchiusa in un'ancona dei Ramus. Statue del 1701, della Passione di Cristo sono di Giovan Battista Zotti. Una tela di Madonna con Bambino e Santi Domenico e Caterina, è attribuita al Gandino, mentre il Cossali è l'autore di una "Madonna con Bambino e Santi Carlo e Antonio da Padova". Nella attigua sacrestia sono conservate delle croci astili del 1400 e del 1500 ma anche degli ex voto del 1600, del 1700 e del 1800 provenienti dalla chiesetta di Sant'Anna. La Chiesa di San Bernardino a Vago fu edificata nel 1600: degna di menzione la Via Crucis, sempre del 1600. Una pala raffigurante una Madonna con Bambino e Santi Bernardino e Rocco è contenuta in una soasa, laccata e dorata, come l'altare in legno. Il Santuario di Sant’Anna, molto amato e venerato, è stato eretto a quota 1.879 m, sotto la cresta di San Vito, tra le propaggini del monte Aviolo e le valli Moriana e Finale. Molte sono le leggende locali che si intrecciano con la storia di questo santuario montano. Tra le abitazioni civili oltre alla già citata casa Camadini, presso la parrocchiale va ricordata anche la Casa di Piazza Marconi a Solivo, del 1600 nella cui facciata è murata una santella con tracce di antichi e mal conservati affreschi. LOCALITA’ COMUNALI: (Molte delle località di seguito riportate forse non sono più presenti nella memoria delle nuove generazioni o nelle carte, o nei contratti notarili o nei testi contemporanei. Alcune risalgono, nella loro identificazione, a molti secoli addietro, altre hanno mantenuto intatto la loro localizzazione e il loro nome passando di proprietà in proprietà, altre ancora, anche ai nostri giorni, sono presenti in carte catastali, in contratti di compra vendita o semplicemente nella parlata di tutti i giorni). Acqua marcia (Aquamàrsha) a m.1.000: su un'antica carta catastale del 1600 era segnata, con questo nome, una località a nord di Solivo, sul versante destro della valle. "Marsha" (putrida, marcia), nome molto diffuso in Valle Camonica che indicava luoghi ove solitamente vi erano delle antiche sorgenti o delle zone acquitrinose. Agrame (Gröm) la "Val de Gröm" si stende in un largo altopiano a circa m.2.000 di quota, con molti prati, anche in forte pendenza, a nord di Incudine e del monte Motto Pagano. "Gröm" e la tarpigna cioè la "cuscuta europea" una diffusa pianta parassita dei campi. Arsotto (Arsòt) a m.1.820, località sul versante orientale di Motto Pagano a nord di Incudine. "Làresh" o "Àresh" (larice) e "Aresèt" e "Laresèt" è il lariceto. Aresòt diminutivo di Aresèt: in questa zona sono sempre stati presenti vasti boschi di larici. Bruseghin (Bruseghì) a m.1.090: prato al limite del bosco a sud della frazione Vago di Incudine, sul versante sinistro della valle. Il toponimo deriverebbe da "Bruseghin" (veneziano) o "brueghì" (bergamasco) ma ancora da "rusighì" (bresciano) e dal "rasighì" (camuno): rancore. Callicetta o Callicella (Valesèla) a m.1.550: località montana a nord di Incudine, sul versante destro della Valle Camonica, posta all'inizio della valle Davenino. "Valesèla" o "Valsèl" è il diminutivo di valle. Campaccio (Campàç) a m.1.326: sito pianeggiante a sud di Incudine in fianco destro di Val Finale. "Campàç" eil peggiorativo di campo. Cavallo (Caàl) a m.1.150 circa: dossello ad est di Vago: nella parlata comune dialettale "cààl", in dialetto locale, può identificare oltre che il cavallo anche un passo o dosso di montagna. Corte (Cùrt) a m.1.675: località montana posta a nord-ovest di Solivo di Incudine: "Cùrt" indica generalmente un cortile. Crosolaccia (Crüseràc) a m.900-1.200: località a sud-est di Vago di Incudine sul versante sinistro della valle. "Crüsh" in dialetto bergamasco (in particolare il Val Brembana) era il porcile. Il nome potrebbe anche derivare da "crosum" (cavità, caverna). Fris (Prish) a m.1.586: su una antica mappa catastale del 1750 figurano tre cascine o abitazioni rurali di montagna a nord-est di Solivo di Incudine, sulla destra di Val Davenino. Sopra la frazione Vago si trova una località chiamata "Prisia", detta pure (in dialetto) "Frish". Gamario (Shemòrio) a m.1.100 circa: località a nord-est di Incudine, sulla destra della valle. Lupo (Luf) a m.919: il sito "Salto del Lupo" dà il nome ad un vecchio ponte sull'Oglio posto a nord, dopo l'abitato di Incudine. Malgua (Màlgua) a m. 1.000: località a sud della frazione Vago di Incudine, sul fianco destro di Val Canale tributaria dell'Oglio a monte di Edolo. Il toponimo, coma in altri casi simili, deriva dallo storpiamento di "malga" (stalla posta in quota per l'alpeggio del bestiame). Monegà (Monegà) m.1.350: "Pra Monegà" località a nord-est di Vago di Incudine, sul fianco sinistro della Valle, da monacalis, aggettivo di fondi dei monaci, in dialetto camuno la "monega" può essere la "suora" (religiosa cristiana) oppure un vecchio tipo di "scaldaletto" in cui veniva collocato un paiolo contenete delle braci e della cenere calda. Montagna (Montagna) a m.1.071, luogo, attualmente non identificato, a nord-est di Incudine, sul versante destro della valle. Moriana (Moriàna) la "Valle Moriana" è a sud-est della frazione Vago di Incudine ed è tributaria di sinistra dell'Oglio. Potrebbe derivare da "Maurianus" disceso dal gentilizio latino "Maurius". Mula (Müla; Möla) la "Valle della Mula" è ad ovest della frazione Solivo di Incudine ed a nord-est di Monno, tributaria di destra dell'Oglio. "Mòla" è la macina del molino e la ruota per affilare. Oppure la femmina del mulo (in dialetto camuno: müla): in Trentino identifica anche una ragazza. Nigla (Nigla) a m.1.852: sito montano a sud-est di Vago di Incudine, all'inizio di Val Moranda: da "Nigola", "nigol" (nuvola, nuvolo, nuvoloso). Paciugà (Paciugà) a m.1.447: località a nord-est di Solivo di Incudine ed a ovest di Vezza. "Paciüch" (mollume, paciugata) e "Paciügàt" (insudiciato). In dialetto locale "Paciuch" è anche l'acetosella, erba molto comune, che i bambini raccolgono e mangiano durante i loro giochi. Pellegrini (Pelegrì) a m.897: "Ponte dei Pellegrini" sull'Oglio a sud-ovest di Incudine. Poco più a valle del ponte vi era, fin dal medio evo, una fonte di acqua ferruginosa, conosciuta in zona che "acqua dei Pellegrini". Pianaccio (Pianàsh) m.2.174-2.180: alto pianoro a nord di Solivo di Incudine: "Pianàsh" è il peggiorativo ed accrescitivo di "pià" (piano, pianoro o luogo pianeggiante). Pontif (Pontif) a m.1.250 circa: località a sud-est di Vago di Incudine, sul fianco sinistro di Val Moriana. "Pontif" in dialetto bresciano (e non camuno) significa balcone, poggio. Si suppone anche un aggettivo riferito ad un ponte (ora sparito), oppure un composto di "ponte" e "iwa" che in tedesco significa "tasso o dazio", forse, in antichità, vi era un ponte su cui si pagavano dei dazi: ora non se ne ha più memoria. Prealpe (Pabàlt) a m.1.400 circa: sito ad est di Incudine, sul fianco destro di Val Moriana, tributaria di sinistra dell'Oglio. Il toponimo driverebbe da "Pàbe" o "pàbel"oppure da "pàbol" (panico selvatico, pianta diffusa in zona) e "Alt" (alto), da cui "pabe alt". Prisia (Prish) a m.1.550 circa: località a sud-est di Vago di Incudine, sul fianco sinistro di Val Moriana. Un altro sito chiamato pure "Prish" si trova anche sul versante opposto della Valle a nord di Solivo. Purlera (Pürléra) a m.1.750: piccolo spiazzo montano, al limire della zona boscata, a sud-est di Vago di Incudine, a ovest del Monte Plazza. Saline (Shaline) a m.2.174: località in quota posta a nord-ovest di Solivo di Incudine, sotto le cime di Grun. Le "saline" in Valle Camonica erano luoghi, di solito sentieri o piccoli spiazzi, ove sopra una pietra piatta veniva sparso del sale necessario al sostentamento e alla dieta delle capre che seguivano, alcune volte, il bestiame grosso agli alpeggi. San Vito (Shàn Vit) a m.1.870, cappelleta a sud-est di Incudine sotto uno sperone del monte Aviolo. Solivo (Sholif) m.902: frazione di Incudine, sul versante destro della valle. Il toponimo deriva dalla posizione della valle che, in loco, è aperta verso sud-ovest: "Solif": esposto al sole. Stacetto (Stavèi) a m.1.550: località a nord-est di Vago di Incudine e ad ovest di Davena. Vago (Vach) a m.900: antica frazione di Incudine sul versante sinistro della valle, da "Vaco" (un fianco di monte rivolto a settentrione). "Vach" e "Sholìf", nel dialetto locale stanno fra loro come arido e solatio. |