Stemma Monno Monno
MONNESI (Gaçç): :
554 (anno 2012)
SUP. COM. Kmq : 30,7 H.m.: 1066 s.l.m. Prefisso Tel.: 0364
DA BRESCIA e BERGAMO
Km.
105
Da MILANO
km.
155
CAP. : 25040


Le Immagini del Paese
Panorama di Monno (1)
Passo del Mortirolo
Chiesetta di S.Giacomo
Panorama di Monno (2)
IL NOME:
Monno (Mòn) Il nome Monno potrebbe avere molte etimologie: alcuni studiosi lo fanno derivare dal vocabolo celtico "men" (montagna) oppure, con identico significato, dal latino "mons". Anche la voce greca "monos" (solo, solingo) potrebbe avere dei fondamenti, vista la collocazione isolata del vecchio nucleo abitato e la conformazione dei monti sopra il borgo. Altri studi fanno riferimento anche al termine "lamone" che è accrescitivo di "lama" (zona di palude o acquitrinosa), infatti l'altipiano che circondava il vecchio nucleo storico aveva la caratteristica, che doveva essere più accentuata nei secoli scorsi, di zona particolarmente umida. Infine, il nome Monno, potrebbe derivare dal nome maschile "Monnus".


LA STORIA :

    Pur non avendo ancora trovato delle inequivocabili testimonianze della presenza di insediamenti di epoca preistorica, la posizione geografica di Monno presenta tutte le caratteristiche morfologiche e geografiche perché nel sito su cui ora sorge l'abitato, fosse presente, fin dal periodo Atlantico, un qualche riparo o rifugio per un piccolo nucleo di esseri umani che, spostandosi di valle in valle, percorrevano i passi delle nostre montagne e si stabilivano poi in zone di facile accesso e in posizioni dominanti (le prime accertate presenze di esseri umani in Valle Camonica furono certo quelle dei primi cacciatori appartenenti al ceppo ligure, diffuso in quasi tutte le vallate alpine).
    Dopo la conquista romana del 16 a.C., nella guerra Retica, la via Valeriana, importante arteria di comunicazione che collegava la Valle Camonica con la Valtellina (per proseguire poi verso il centro Europa), venne fatta transitare in questa zona, passando e inerpicandosi per la rupe di San Brizio. Questa strada divenne una delle principali vie di transito, nel periodo post-romano, dei flussi di pellegrini e di merci che, passando dalle nostre valli, defluivano verso sud per raggiungere la pianura padana e le grandi città della penisola o verso nord attraversando le Alpi per giungere nelle pianure della Baviera e dell'Europa continentale. Per fornire ricovero ai mercanti e ai viandanti vennero edificati molti ospizi che erano posizionati ai margini di queste grandi vie di comunicazione.
    Tradizionalmente questi ospizi venivano edificati a distanze che potevano essere percorse in una giornata di cammino uno dall'altro e anche poco prima del passo del Mortirolo, allora princilape valico di collegamento tra Valle Camonica e Valtellina, fu costruito uno di questi edifici in cui trovavano momentaneo rifugio coloro che transitavano sulla polverosa e erta strada e durante le ore notturne potevano avere riparo e un pasto caldo. Secodo una radicata leggenda (che però non troverebbe riscontro nella realtà della lettura storica) nei pressi del passo del Mortirolo si svolse, nel 773, la famosa battaglia (ricordata anche nella tragedia del Manzoni) tra i Longobardi guidati da Adelchi ed i Franchi condotti (la leggenda vuole personalmente) da Carlo Magno (la storia ufficiale invece nega questo fatto). L'anno dopo (774), quando Carlo Magno donò tutta la Valle Camonica ai monaci francesi del ricchissimo e famoso monastero di Cluny questi costruirono, nei pressi del preesistente ospizio, una chiesetta in onore di San Brizio. Questo tempio, poco dopo l'anno mille, fu eletto a sede di fonte battesimale e si staccò da quello primario di Edolo, divenendo una delle prime Pievi indipendenti dell'alta Valle Camonica.
    Passati sotto l'amministrazione della Curia vescovile di Brescia, il piccolo borgo di Monno e la zona circostante, fino al passo del Mortirolo (sempre importante punto di transito, anche commerciale, tra le Valle Camonica e Valtellina), furono però infeudati, dall'Imperatore Federico Barbarossa, ad uno dei rami della prolifica e potente famiglia ghibellina dei Federici che, come era già avvenuto anche in tutti i paesi dell'alta valle, costruì una rocca o meglio, un'abitazione fortificata, a scopo difensivo, di cui però non restano che poche tracce. Anche Monno e le sue terre seguirono, anche se in modo abbastanza isolato, le varie vicissitudini che si sono succedute nella storia dell'alta Valle Camonica.
    Nei XIV e XV secoli la valle fu percorsa da numerose bande di armati sia al servizio del Ducato di Milano che della Serenissima Repubblica di Venezia e Monno vide anche il passaggio di truppe anche se il borgo, piccolo e scarsamente abitato, non era appetibile militarmente e perciò non si hanno notizie di particolari vicende storiche. Dopo la definitiva affermazione delle truppe di San Marco e il totale passaggio sotto Venezia dell'intera Valle Camonica, nel 1610, nel famoso "Catastico" del delegato veneto Giovanni da Lezze (che ci dona un quadro generale molto vivo e preciso della valle in quel secolo) si legge che a Monno la terra era poca e non fertile e che in loco erano presenti due mulini e una segheria. I boschi vicini al borgo fornivano abbondante legname anche se, veniva specificato, non era di tipo particolarmente pregiato. Lo stesso legname veniva in parte lavorato in loco, nell'unica segheria, e altro spedito in altre dei paesi vicini. Una curiosa e significativa nota che compare a margine della relazione del rettore veneto ricordava che gli abitanti di Monno "sono tra quelli che, in tutta la Valle Camonica, parlano meglio perché in molti vanno a Roma a fare gli acquaroli (o acquaioli)" cioè i venditori di acqua per le strade.
    Il sito su cui sorgeva il piccolo paese, composto quasi completamente da case rurali con stalla e fienile sotto lo stesso tetto, era comunque, ancora nel periodo veneziano, molto frequentato da viandanti di passaggio e da commercianti, essendo il Mortirolo, non ancora aperto il passo Aprica, ancora il più importante valico di collegamento diretto tra la Valle Camonica e la Valtellina. E proprio il 1600 fu il periodo forse più florido per Monno e i suoi abitanti: gli intensi traffici e il transito di molti commerci fecero sì che l'abitato si arricchisse di abitazioni signorili tra le quali spicca per la sua architettura gentilizia casa Minelli.
    Visti i materiali con cui venivano (fino al 1800) costruite la maggior parte delle case (legname e fascine), il tipo di illuminazione usato (candele e olio) e il metodo di riscaldamento (camini e fuochi aperti) gli incendi erano frequenti e devastanti. Il più furioso che colpì Monno è ricordato nel 1737: in una sola notte distrusse gran parte dell'abitato ma, gli abitanti colpiti ma non certo sconfitti, nello stesso anno ricostruirono tutte le loro case furono. L'importanza sempre maggiore assunta a partire dal XVII secolo della strada che conduceva al parallelo (e relativamente vicino) passo dell'Aprica (che congiungeva però più rapidamente e con minori difficoltà la Valle Camonica e la Valtellina), fece crollare il traffico sul più difficile passaggio dal Mortirolo e, Monno, ormai quasi isolato, rimase al margine delle grandi vie di comunicazione che transitavano su altre direttrici, decadendo a ruolo di piccolo borgo di montagna.
    Durante il ventennio fascista Monno, dal 1937 al 1947, seguendo le normative di semplificazione volute dal regime, come tutti i piccoli comuni, fu aggregato ad altro comune per formare entità di maggiore consistenza e amministrativamente fu legato ad Incudine.
    Negli ultimi giorni della Seconda guerra Mondiale, al passo del Mortirolo e nei prati e boschi circostanti, sul versante camuno del valico, si svolsero due furiose battaglie, che a più riprese (e in date e situazioni diverse) vide vittoriose le formazioni partigiane, che ricacciarono, sul fondo valle, truppe repubblichine affiancate da numerosi soldati tedeschi. Questi reparti, ancora ben organizzati e armati, ormai consci della sconfitta, cercavano, con la conquista del passo, di aprirsi una via di fuga verso la Valtellina e la vicina Svizzera. Gli ultimissimi giorni di guerra furono il periodo più significativo della resistenza contro le truppe nazi-fasciste e queste battaglie sono ricordate come tra le più violente e cruente svolte nelle nostre valli (vedasi anche il 7° capitolo della Storia di questo volume).


DA VISITARE:
Notevole è il centro storico in cui sono ancora visibili alcune case gentilizie tra cui spicca la già citata casa Minelli
L'Oratorio di San Francesco, risale al 1600, e negli anni '60 era stato trasformato in sala cinematografica.
La Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, fu eretta nel luogo dove in precedenza, forse dal 1400, doveva essere presente una rocca o una casa fortificata Le sue linee, abbastanza imponenti, sono di stile barocco e del precedente edificio è stata conservata la torre campanaria in pietra e conci di granito con le celle a bifore. Il bel portale è in marmo chiaro di Vezza d'Oglio e reca la data 1629. L'interno dell'edificio è stato affrescato nel 1700 dal Corbellini, il presbiterio invece è stato dipinto, nel 1800 da Antonio Guadagnini pittore nato a Esine (1817-1900) che ha lasciato in Valle Camonica numerose opere che, per quantità e qualità, rivestono una notevole importanza come quelle a Pisogne nella parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta, nella parrocchiale di Gianico, a Esine, a Cividate, a Malegno, a Ossimo Superiore, a Borno, a Villa di Lozio. Moltissimi lavori di ottima fattura con anche molti affreschi come il ciclo di dipinti murali lasciato nella parrocchiale di Breno. Di rilievo anche alcuni dipinti, come "San Brizio e Madonna in gloria" del 1655, attribuito a Carlo Marni di Bormio e una "Madonna con Bambino e Santi" attribuita a Jacopo Negretti detto Palma il Giovane. Proveniente dalla chiesa dei Santi Sebastiano e Fabiano è il paliotto dell'altare maggiore attribuito a Giovan Battista Zotti. Prelevato invece dalla chiesa di San Brizio e conservato nella casa parrocchiale, del Paglia, datato 1640, è un ex voto "dei Quattro offerenti".
La Chiesa dei Santi Sebastiano e Fabiano, fu eretta nel 1700 e sorge nella parte più elevata del vecchio nucleo abitato: è posta all'imbocco della valle che sale al passo del Mortirolo. Nel cartiglio dell'ingresso principale si legge la data 1781. Al suo interno vi è una statua in legno, di stile nordico, raffigurante una "Madonna col Bambino" databile intorno al 1400. Il paliotto d'altare, del 1600, è in cuoio. I numerosi dipinti, ben conservati, sono di Pietro Corbellini, autore anche degli affreschi della volta tra cui vanno segnalati: "Madonna col Bambino e Sante, "Santi Rocco, Ignazio e Luigi Gonzaga", "Martirio di San Sebastiano.
La Chiesa di San Brizio, , la cui origine dovrebbe essere di epoca carolingia fu ricostruita nel 1480, su un edificio preesistente, come attesta una lapide. Per alcuni secoli fu la parrocchiale di Monno, poi fu restaurata anche nel 1657, quando già da parrocchiale era stata trasformata in un santuario votivo, meta molto frequentata, tra il 1600 e il secolo successivo, dai pellegrini che transitavano verso il passo del Mortirolo. Poi cadde in abbandono. Semplice di costruzione, la stessa semplicità è anche espressa nelle linee della facciata che è ingentilita da tre finestre. Il campanile, in granito, ha la cella campanaria caratterizzata da archi. All'interno vi è un ampio loggiato è sostenuto da colonne. Notevole è la cancellata, del 1600, in ferro battuto che divide il presbiterio dalla navata. Collocabili verso la fine del 1700 alcuni affreschi. La bella e importante ancona dell'altare maggiore, opera della scuola di Giovan Battista Zotti, è stata svilita e impoverita dai continui furti che si sono succeduti dopo l'abbandono del tempio.

LOCALITA’ COMUNALI:
(Molte delle località di seguito riportate forse non sono più presenti nella memoria delle nuove generazioni o nelle carte, o nei contratti notarili o nei testi contemporanei. Alcune risalgono, nella loro identificazione, a molti secoli addietro, altre hanno mantenuto intatto la loro localizzazione e il loro nome passando di proprietà in proprietà, altre ancora, anche ai nostri giorni, sono presenti in carte catastali, in contratti di compra vendita o semplicemente nella parlata di tutti i giorni).
Almada (Almada) torrente che scende dal passo del Mortirolo da m.2.285, tra la cima Verde e la cima Bella a Nord-ovest di Monno. Valle in dialetto è Val e Al e probabilmente in questo caso, non raro in Valle Camonica, si tratta di alterazione della voce dialettale "Al-mala" (valle malata, valle amara).
Badoletti (Badolèç) a m.1.500 e 1.700: su alcune vecchie mappe militari dell'800 erano già riportate delle "Baite Badolèç" a nord di Monno, sul fianco meridionale del monte Motto Pagano. "Badoletti" probabilmente è un cognome e "Badolèç" ne è il plurale.
Bella (Béla) cima montuosa a m. 2.449, a nord-ovest di Monno sul fianco destro della Val del Mortirolo.
Cadino (Cadì) cavità naturale posta sotto la Cima Bella. "Catinus" è la cavità in cui si raccoglie l'acqua. La regione di Cadì è una specie d'altopiano conformato in modo da giustificare il nome.
Cadretto (Cadrét) a m.1.350, località sul fianco destro della valle di Mortirolo, tributaria di destra dell'Oglio sotto Monno.
Caretto (Carèt) a m.1.800 circa: su una vecchia mappa catastale risalente alla fine del 1700, erano segnate delle "Baite Carèt" a nord di Monno sul declivio occidentale di Motto Pagano. Sotto le cascine si trova un vasto "prato del Lago" e una baita "Fontana". Il toponimo deriverebbe da "Carectum" (luogo dove nascono le càrici), da cui il collettivo careto contrattosi poi in carè.
Cemmo (Shèm- Cèm) a m.1.200: località a sud di Monno, sul versante opposto della valle del Mortirolo, tributaria di destra dell'Oglio. "Shém" in dialetto è cima o vetta di montagna.
Chigul (Chigüi) a m. 1.200: sito sul versante destro della valle di Mortirolo, a nord-ovest di Monno. "Chigoi" è chiamata a Monno un'erba mangereccia che cresce oltre i 1.000 metri.
Cima (Shima) a m.2.449: una "Cima Bella" è identificabile a nord-ovest di Monno: "shima" è la cima, o semplicemente una parte più elevata di un'altra. In Valle "shimà" significa anche sopravanzare oppure tracimare.
Corno (Còren; Còrno; Còrnù) a m.2.079: un "Corno Verde" è posto nel versante destro della Val del Mortirolo a nord-ovest di Monno e il toponimo deriva da Còren o Còrna (rupe).
Daurè (Daoré) a m.1.700: già all'inzio del 1800 erano segnalate delle "Baite Daoré", edifici in cui si praticava l'alpeggio estivo, poste sul versante destro della valle Mortirolo a nord-ovest di Monno.
Deserto (Desèrç) a m.1.100: località a sud di Monno sul fianco destro del torrente Ogliolo. "Desert" è voce dialettale che indica un luogo abbandonato, disabitato, incolto o deserto.
Donalba (Donalda) a m.1.864: il "Passo della Foppa Donalda" è posto al confine con la Valtellina, poco più a monte di quello del Mortirolo, a nord-ovest di Monno.
Dorena (Dorèna) a m.1.764: località su cui sorgevano della antiche "Baite Dorèna", sulla destra della valle omonima ad ovest di Monno.
Dossi-o (Dòsh) a m.1.800: sito oltre il limite dei boschi su cui era posta una "Baita Dòsh", nei pessi del Passo del Mortirolo a nord-ovest di Monno e a circa m.1.450 di quota era segnato anche un piccolo promontorio chiamato "Il Dòsh" a sud-ovest di Monno.
Dumèla (Sümèla) a m.1.300 era segnat, già all'inzio del 1800, su una mappa catastale, una baita posta sul fianco destro di Val del Mortirolo. La baita è posta presso la confluenza di due piccole valli collaterali e il toponimo "Sümela" (gemella) si riferisce quasi certamente a questa particolarità topografica. Questo nome è molto diffuso, con alcune varianti locali, in tutta la Valle Camonica.
Fontana (Fontana) a m.1.900 circa, in una zona prativa, era posta una "Baita Fontana" a nord-ovest di Monno.
Gromo (Gröm) regione non bene identificata (ma presente su alcune mappe) a nord ovest di Monno: "Gröm" (tarpigna: cuscuta europea), erba parassita dei prati, ma anche voce dialettale per mucchio derivante dal latino "Grumus" (mucchio di terra).
Iscla (Iscla) a m.900: località su cui era segnata già nel 1700 un vecchio edificio a sud-est di Monno, poco al di sopra della strada di fondovalle ad ovest. Ben più anticamente, forse già nel tardo Medio Evo, si può presumere che fosse già presente o una osteria o punto di sosta e ristoro sulla strada Edolo-Vezza: ora sorge un moderno ristorante . Il toponimo deriverebbe da "Iscla" (acero), ma anche "ischia" (quercia bianca), senza dimenticare che "Ischia" era anche identificativo di un terreno boscoso posto nei pressi di corsi di fiume o torrenti e, di fronte al ristorante, oltre la SS42, a poca distanza, scorre il fiume Oglio.
Lago (Lach; Lagh) a m.1.200 circa: un "Prato del Lago" è a nord-ovest di Monno sulla sinistra del torrente Mortirolo. Le carte moderne non segnano alcun laghetto ma in antichità doveva comunque esserci un pozza o un lago montano, probabilmente poi sostituito dal prato.
Marino (Marì) a m.2.000 circa: una località "Marì" è a nord-ovest di Monno sul versante sinistro di Val Mortirolo. "Mara" identificava spesso un corso d'acqua montana, ma Marini è anche un cognome presente in zona specialmente a Sonico.
Melotti (Melòç; Melòti) a m.1.200 circa: una sito denominato "Melòç" è a nord di Monno sul versante destro di Val della Mula, tributaria di destra dell'Oglio. A m.1.930 vi era anche una vecchia baita "Melòç" a nord-ovest di Monno: il nome è certamente preso da cognome Melotti particolarmente diffuso prorio a Monno.
Mortiròlo (Mortaröl; Mortiröl) a m.1.901: notissimo passo alpino a nord-ovest di Monno che collega la Valle Camonica con la Valtellina. Lo stesso nome è anche per una località in cui doveva essere presente un laghetto fin al secolo scorso: è a m.1.784 e prende il nome di "lach del Mortiröl" a sud-est del Passo. In questo sito, a più riprese sono stati rinvenuti residuati di battaglie antiche come scudi, picche e usberghi. La storiografia locale (anche se probabilmente si riferisce a un fatto non realmente accaduto) vuole che nel 773 i soldati di Carlo Magno sconfiggessero proprio al Mortirolo quelli del Duca di Monno. Il nome deriva da "mortarium": chiaro il significato lugubre del nome.
Motto (Mut) a m.2.348: il "Motto Pagà" è un monte a nord di Monno, nel versante destro della valle: "müt" (monte): ben tre monti omonimi si trovano nella regione del Mortirolo. La voce "Motto" per questi rilievi si trova anche nelle vecchie mappe catastali, a m.2.395: "Motto della Scala" e m.2.191 "Motto della Strega", entrambi ad ovest di Monno.
Mula (Mòla; Möla) la "Val della Mula" si apre ad ovest della località Solivo di Incudine ed a nord-est di Monno, tributaria di destra dell'Oglio. "Möla" è la macina del molino o la ruota per affilare.
Ogliolo (Öi; Oiöl) torrente che scende a sud-ovest di Monno, confluente di destra del torrente di Val Mortirolo, pure detto Ogliolo. Öi ed Òi sono i nomi del fiume Oglio, ma sono diventati comuni a molti corsi d'acqua della Valle Camonica.
Pagano (Pagà) monte a nord di Monno sul fianco destro della valle. "Pagano" era chi non era cristiano. Ma "Paganum" era anche un podere rustico e perciò "pagano" era abitante del pago o del paese. La tradizione vuole che tutti questi toponimi fossero rifugi ultimi dei pagani dopo la diffusione del Cristianesimo.
Paghera (Paghéra) a m.1.350 e 1.250 circa: località con antiche baite: "Paghèra di sopra e di sotto", a sud-ovest di Monno sul fianco destro di Val Mortirolo. "Paghér" è l'abete rosso e "Paghéra" in dialetto camuno e bresciano è l'abetaia: toponimo molto diffuso in diversi comuni.
Palò (Palö) a m.1.650 circa: erano segnate, su una antica mappa catastale del 1800, delle case a nord-ovest di Monno all'inizio di Val Mortirolo: "Palus" è un appezzamento di terreno adibito a pascolo.
Parolero (Parolér) a m.1.372, sono segnate, su una mappa militare del 1800, alcune case ad ovest di Monno, sul fianco sinistro di Val Mortirolo. "Parolòt" è il calderaio e "parolèr" dovrebbe essere un equivalente locale.
Plagne (Plagne) a m.1.892: sito pianeggiante (per questo il nome) in Val Mortirolo a nord-ovest di Monno.
Pozzacchere (Podshàcher) a m.2.650: località montana a nord-ovest di Monno sul fianco destro di Val Mortirolo. In antichità vi erano delle pozze per abbeverare il bestiame da cui questo nome che vuole significare "piccole pozze o pozzanghere". Curiosità: il suono rappresentabile in dialetto camuno con "dsh", presente nel toponimo in oggetto, corrisponde spesso alla "z" italiana.
Prato Bello (Prabèl) a m.1.550, località a sud-ovest di Monno ed a nord di Edolo: tutta la zona è sempre stata coltivata a prato da cui "Pra" (prato) e "Bèl" (bello).
Resverda (Resverda) a m.2.348: monte a nord-ovest di Monno sul confine con la Valtellina. La montagna in questa zona è ri coperta da prati e "Resa" è una antica voce valtellinese per pascoli erti e ghiaiosi. Sulla stessa catena si trova anche una "Cima Verde": da cui un composto di resa e verde. In dialetto camuno però "res" vuole dire radice, da cui eriverebbe questo toponimo che equivarrebbe a "radice verde".
Rocéto (Grociö) a m. 950: località su cui sorgevano delle baite, poste poco a sud di Monno sul versante destro della Valle Camonica.
Rompiano (Rompià) a m.1.800 e 1.700 circa: su una vecchia mappa catastale sono state rilevate alcune località che portano il nome di "Rompiano di sopra e di sotto" su cui erano poste, fin dalla fine del 1700, delle case rurali, a nord-ovest di Monno sotto la Cima Bella. Rompiano di sopra è in un'area di minor pendenza. "Rompiano", in alcuni dialetti lombardi settentrionali è l'acero campestre.
Ronchi; Ronco (Rüch; Ruch; Ronch) a m.1.450 circa: località a nord-ovest di Monno. "Rónch" o "ruch" er un colle coltivato, mentre "Ronchus" è il rovo, pruno, spino. "Ronch" nei dialetti lombardi è anche un vigneto a ripiani o un colle a ciglioni. Ronco era il nome dato ai prati o boschi dissodati ed è toponimo diffusissimo su tutto l'arco alpino.
San Brizio a m.850: antichissimo sacello a sud-est di Monno lungo la strada che unisce il paese alla statale.
San Giacomo a m.1.716, chiesetta a nord-ovest di Monno, alla testata di Val Mortirolo.
Sassiner (Shashinér) a m.1.850, località a nord-ovest di Monno, sul fianco sinistro di Val Mortirolo. Shashinér è probabilmente derivato da "shash" (sasso), come di luogo pieno di sassi o forse anche dalla voce dialettale "sashinèr" che sta per sassaia.
Scala-e (Scala-e) a m.2.335: un "Müt de la Scala" è un rilievo posto a nord di Cortenedolo e ad ovest di Monno. La regione, adibita da tempo a pascolo presenta dei ciglioni, con alcuni pendii a ripiani, dando l'idea di una grande scala.
Soncapo (Shoncap) a m.1.250 circa: su una mappa catastale del 1750 erano segnate alcune vecchie case, poco a nord-ovest di Monno. "Cap" (campo) e "Son" (su, in), è particella premessa e fusa con molti toponimi di montagna. Le case erano al confine fra campi in dolce pendenza e il bosco ripido: non improbabile dunque il composto delle due voci dialettali.
Sternorio (Sternorio) a m.1.650: località a nord-ovest di Monno, sul fianco destro di Val Mortirolo. "Sterner" in dialetto locale è il pattume.
Trotti (Tròti) a m.1.743: località a nord-ovest di Monno, alla testata di Val Mortirolo: il toponimo deriva certamente dal diffuso cognome Trotti.
Valmaggiore (Valmàsur) a m.1.300: località con vecchie baite a nord-est di Monno sul fianco destro di Val della Mula.
Varàdega (Varàdega) a m.2.634: monte a nord di Monno e a nord-ovest di Vezza d'Oglio. Stesso toponimo indica anche un sottostante passo posto a m.2.288. "Var" (acqua corrente), è voce pre-latina. Invece non si può fare derivare (come citato erroneamente da alcuni studiosi di toponomastica) da "Vara" (terreno arato o coltivato a fieno), poiché la quota elevata non permetterebbe coltivazioni.
Villetta (Ilèta) a m.1.250: località a sud-ovest di Monno, sul fianco destro di Val Mortirolo.
Volte (Vólte; Ólte) località non ben precisata, su cui però erano segnate, già nel 1800, delle cascine, a nord-est di Monno, sopra Soncapo. Il toponimo farebbe riferimento alla presenza di alcuni vecchi sentieri che in questa specifica zona, per superare delle notevoli pendenze, avevano numerosi tornanti: in dialetto "Òlte". Non da escludere anche la derivazione da "volt" o "òlt" (alto o involto) intesi come stanza in cui il soffitto era a volta e dove si conservavano le cibarie, forse in riferimento alle baite presenti.



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